Il primo contatto con i giornalisti nella sede degli industriali perché la prima cosa che ha fatto quando ha accettato la candidatura del Pd è stata quella di dimettersi dalla carica di presidente di Assindustria «per opportunità e rispetto del codice etico».
Enrico Colavita ufficializza la sua discesa in campo e mette subito in chiaro di non avere tessere di partito e di essere indipendente «appoggiato dal Pd e da chiunque altro voglia puntare su una persona che si candida per fare qualcosa e contro nessuno».
Si augura di diventare il punto di riferimento «di coloro che si sono allontanati dalla politica perché scoraggiati e rassegnati. Voglio restituire – dice – a tutti entusiasmo e voglia di partecipare perché la partecipazione è libertà e la libertà rende tutti attori protagonisti del proprio sviluppo».
Candidatura nata pochi giorni fa e inaspettata. Che lo lusinga: «È stata una sorpresa – spiega – avevo già programmato l’agenda del 2018 e gli obiettivi dell’associazione».
Ha detto sì a Renzi dopo essersi consultato con familiari e amici, curioso di vedersi in una veste inedita, quella del politico, dopo tanti anni vissuti da spettatore e imprenditore di successo.
Il suo nome è venuto fuori a Roma. «Mi hanno chiamato dalla segreteria nazionale del partito», non sa chi c’è dietro il suo endorsement ed esclude «riunioni con Fanelli o altri del Pd».
In passato è stato Berlusconi a fargli la corte. Ricorda una chiacchierata col Cavaliere a Monteroduni. Poi toccò al Pd. Ma entrambe le volte, con garbo, declinò l’invito. Questa volta è diverso. Perché gli industriali (più volte cita il nome del presidente Boccia e del past president e vice Natale che lo sostituirà alla guida di Assindustria) «condividono quanto fatto dal governo nazionale e hanno voluto e vorranno le riforme che stanno funzionando, forse in Molise un po’ meno».
Ammette che qualora si dovesse tornare alle urne non si ricandiderebbe e si dice aperto ad appoggiare un governo di larghe intese «a patto – spiega – che dietro ci sia un programma serio e preciso e si punti a condividere e risolvere i problemi».
Ha provato a contattare Di Pietro, cui Renzi ha negato la candidatura e spianato così la strada al ‘re dell’olio’ negli Stati Uniti.
Saggio ed esperto, non nasconde che il segreto «è guardare al futuro con positività e ottimismo». Rimarca che «piangersi addosso non serve a nulla così come non serve a nulla continuare a dire che le risorse sono poche, ma bisogna mettersi in gioco per provare a cambiare le cose». Il ruolo di senatore lo stuzzica. A Roma porterebbe la sua esperienza di imprenditore di successo.
Dovrà vedersela con personalità forti, di spicco: Michele Iorio, Luigi Di Marzio, Gianmaria Palmieri. Non teme il confronto con gli altri «perché – conclude – mi piace il confronto, il gioco di squadra, il partenariato. La mia candidatura è di condivisione e non di divisione».
pierluigi boragine

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