Se in tempi ragionevoli il Molise avrà il suo primo elemento nel Patrimonio dell’Umanità Unesco il merito sarà principalmente suo. Di Carmelina Colantuono da Frosolone, donna simbolo della transumanza nel mondo. È partito dal Molise per opera sua, l’iter che oggi, tramite il Ministero del Turismo, ha portato a Parigi la candidatura della transumanza a Patrimonio immateriale dell’Umanità.
Tre anni dopo, Carmelina Colantuono è probabilmente la donna molisana più nota all’estero e ha deciso di accettare anche la ‘sfida del fare’ qualcosa di concreto per la sua terra, oltre i limiti naturali dei tratturi battuti dalle 400 mucche di famiglia. «Sì – spiega la donna che nel 2015 è stata il simbolo del Molise all’Expo di Milano – ho deciso di candidarmi alle elezioni regionali per dare il mio contributo. Amo il Molise, non solo nel mio lavoro. È una terra meravigliosa che, con un po’ d’inventiva e determinazione, può vincere la scommessa con i tempi che corrono, e cioè sviluppare e sfruttare finalmente la sua vocazione turistica e dell’accoglienza».
Cosa farebbe se fosse tra gli eletti in un Consiglio regionale che, anche tramite lei, sarebbe rivoluzionato?
«Ambiente e turismo, giovani e lavoro, per me sono geneticamente collegati. Dopo aver conseguito la Licenza classica, ho lavorato per oltre vent’anni nell’azienda di famiglia, promuovendo la transumanza che portiamo avanti da secoli. Credo molto in quello che facciamo a Frosolone e in Molise e sono convinta che il nostro modello di ‘lavoro duro e ospitalità’ possa essere esportato in tutti gli ambiti dello sviluppo territoriale. Quello che manca è un piano organico di attività in cui assegnare i ruoli a chi è davvero competente e professionale nel suo lavoro. Il Molise, i suoi borghi, la sua gente, ha prerogative importanti da tutelare e promuovere. Con la transumanza lo facciamo, e oggi possiamo dire di aver raggiunto grossi traguardi anche se ne abbiamo di più importanti all’orizzonte. Ringiovanire la classe politica e quella dirigente ci consentirebbe poi di ripartire con maggiore entusiasmo. Ci vogliono occhi nuovi e braccia forti per sostenere un sogno».
Transumanza molisana vuol dire soprattutto concretezza. Come siete riusciti a rendere mondiale la vostra attività?
«È vero, siamo molto conosciuti, ma anche noi dobbiamo fare un ulteriore passo in avanti per realizzarci completamente su vasta scala. Ci vogliono umiltà e grande passione nel lavoro. Posso dire però che oggi ci conoscono ovunque. Centinaia di migliaia di persone hanno visto quello che facciamo, hanno amato la nostra terra, molti anche solo sui social. Ora dobbiamo portare questa gente qui, sui nostri tratturi e in tutti gli altri meravigliosi angoli del Molise. Lo dobbiamo fare puntando sulle forze del paesaggio culturale molisano e dei nostri giovani laureati. Ambiente pulito e vivibile vuol dire anche creare presupposti migliori per la gente affinché questa terra sia sempre più bella, una terra da cui non partire più».
Ma è effettivamente possibile che il Molise si trasformi da brutto anatroccolo in cigno?
«I miracoli non esistono nella mia visione concreta delle cose. Pensare di cambiare il Molise con uno schiocco di dita è romantico ma è francamente da folli, e non nell’accezione positiva che a questo termine dava Steve Jobs. Quando pensi che in un qualsiasi paese dell’entroterra molisano non nascono più bambini, la gente invecchia, e i giovani emigrano capisci che la strada da percorrere è un’altra. È una strada fatta di buonsenso e di dignità. A mio giudizio bisogna rafforzare le cose buone che ci sono e rendere il territorio più appetibile per i giovani e per gli investitori extraregionali. I ragazzi restano se le istituzioni creano spazi reali e non virtuali. Perciò non sono favorevole all’assistenzialismo esasperato che è una forma di elemosina fatta a chi invece chiede di essere protagonista della programmazione».
Rilancio dell’impresa, allora?
«Sì, bisogna investire su se stessi. Io faccio l’imprenditrice e lavoro nel turismo e nell’ambiente. Le start-up, la ricerca, l’innovazione e i finanziamenti alle attività produttive sono un buon metodo per rilanciare il lavoro. Ma i fondi bisogna sfruttarli per bene. Il risultato deve essere l’aumento costante dell’occupazione, non l’obolo collettivo. Ciò è possibile solo se dietro c’è gioco di squadra, un dibattito costruttivo tra operatori in cui ognuno fa la sua parte. Spesso le amministrazioni si preoccupano solo di spendere i soldi che hanno a disposizione. Non mi sembra un atteggiamento corretto nella gestione della cosa pubblica. Molti politici non badano agli effettivi benefici che quegli investimenti portano. Questo è uno dei problemi più grandi che ha il Molise».
Quindi giovani, lavoro, ambiente, rispetto delle tradizioni. E ancora impresa e monitoraggio sugli effetti degli investimenti. Ultima considerazione: lei si candida con Orgoglio Molise, come ha preso la decisione?
«È semplice, stimo molto Vincenzo Cotugno. È per una politica del lavoro e della promozione delle nostre tipicità. È stato l’unico amministratore che ha condiviso il programma da noi abbiamo avviato e che si è fatto promotore di un accordo politico con le Regioni Molise, Abruzzo, Puglia e Basilicata. Vincenzo Cotugno sostiene i nostri sforzi anche nell’avventura in orbita Unesco. In proposito, vorrei chiarire che questa candidatura appartiene a tutti i molisani perché si parla di ‘civiltà della transumanza’ che ha interessato le nostre terre per millenni. Essa rappresenta la nostra identità, un importante fenomeno culturale ed un notevole esempio per un grande modello di sviluppo integrato che interessa ambiente, cultura, tradizioni, produzioni tipiche, storia, archeologia e qualità della vita nei nostri borghi. C’è tutto, insomma – conclude la cowgirl può apprezzata d’Italia – Il Molise, se vuole, può rialzare la testa».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.