Detta la linea dell’astensione perché, ripete, «non mi voglio mettere di traverso, voglio però che resti agli atti che io oggi ho detto delle cose e quindi se ci saranno meriti ve li prenderete voti. Se ci saranno demeriti dopo questa scelta pure saranno vostri».
Donato Toma legge in Aula una relazione di otto anni fa: è firmata, fra gli altri, dall’allora direttore della Protezione civile regionale Giarrusso. Insieme ad altri tecnici, ad aprile 2012, attestava che il Vietri di Larino – progettato negli anni ’70 e completato nel 1997 quindi prima del terremoto di San Giuliano di Puglia che ha portato alla riclassificazione del rischio sismico dell’area – non è «in linea con i requisiti di sicurezza sismica indicati dalla vigente normativa perché progettato per resistere ai soli carichi verticali in quanto il comune di Larino all’epoca della redazione del progetto originale non era considerato a rischio sismico». Adeguare l’edificio costerebbe, si legge nella stessa relazione, 34,1 milioni: cifra che giustificherebbe l’abbattimento e la ricostruzione secondo gli standard, valutavano i tecnici del gruppo di lavoro che elaborò l’indagine sismica sugli edifici strategici in ambito sanitario.
Toma, ha riferito lui stesso ieri al Consiglio, è venuto in possesso della relazione perché ha chiesto alla direzione Salute e all’Asrem dopo aver ricevuto il loro «niet, che significa no» a dare seguito a quanto deliberato da Palazzo D’Aimmo ad aprile, quando l’Aula pronunciò il primo sì ad allestire un centro Covid a Larino.
Ha attaccato il commissario Giustini che domenica in tarda serata, ha inviato al governatore, al presidente e ai consiglieri «una bozza di progetto, che se lo avessi presentato così da studente di Economia alla Federico II non avrei preso neanche un 18». I punti critici secondo Toma: «Manca la firma del sub commissario e della struttura tecnica, manca un’analisi comparativa con la soluzione Cardarelli, manca un conto economico per la sostenibilità. Mancano i tempi di attuazione e il dettaglio delle assunzioni. Ricordo anche che c’è un piano di investimenti da 100 milioni firmato da Frattura dopo le elezioni e che per questo è stato fermato allora dal Ministero. Ma in un anno e mezzo il commissario non è stato capace di sbloccare un euro».
Il governatore resta convinto che la soluzione migliore sia adeguare l’hospice del Cardarelli a centro Covid. Ipotesi a cui dg Salute e Asrem stanno lavorando. Cosa invierà Giustini a Roma? «La programmazione, lo ha ricordato per iscritto, tocca a lui. Io sto ultimando il mio piano ma lo discuterò al tavolo del Patto per la Salute. Certo, non so come caricherà sulla piattaforma quell’embrione di bozza di progetto che ci ha inviato…», chiosa sarcasticamente Toma.
Ma la sua maggioranza non lo segue, non abbastanza: senza contare Iorio, che si ritiene in minoranza, in quattro vanno contro l’indicazione di astensione (Romagnuolo e Calenda nonché Micone e Di Lucente, assenti eccellenti). E su Larino centro Covid, Toma va sotto.
Dopo la seduta, però, il governatore smussa gli angoli. Chi si aspettava una delle sue stoccate ai dissidenti, resta deluso. «La politica regionale, non solo da noi, è caratterizzata dai localismi. Quando ci sono istanze dei comitati, si tende a seguirle. Io non ho ritenuto di dare il mio voto a una bozza che, ripeto, ritengo illeggibile. E che concentra gli interventi solo su una struttura. E degli altri ospedali che ne sarà?». Però non legge il voto delle pasionarie e l’assenza del presidente del Consiglio e di quello della I commissione come una sfiducia. «Penso che fosse un voto di coscienza e io non ho dato indicazioni. Non sono rimasto certo solo, in dieci quel progetto non lo abbiamo approvato».
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