Nell’ultima seduta, il Consiglio comunale di Sepino, all’unanimità dei presenti, ha approvato un deliberato per una campagna a “sostegno della famiglia”. L’iniziativa impegna il sindaco Paolo D’Anello a promuovere, anche mediante la trasmissione della delibera, gli opportuni passi presso la presidenza del governo ed il ministero dell’Economia, affinché si proceda con appositi e idonei strumenti legislativi all’abbattimento del costo delle forniture di acqua potabile domestica, energia elettrica, risorse energetiche per il riscaldamento e la cottura ad uso domestico, mediante riduzione dal regime Iva vigente, 10% o 22% a seconda dei casi, all’aliquota Iva speciale del 4% unificata per tutte le forniture di servizi essenziali limitatamente alla “prima casa”. Di limitare, inoltre, l’addizionale Iva solo alla quota relativa al costo della fornitura ed escludendo, esentandole dall’addizionale, le voci relative alle accise e agli altri costi accessori.
Durante il Consiglio comunale è stato evidenziato che la carenza delle risorse economiche grava maggiormente sulle famiglie. Molti indicatori statistici quali il numero e la tipologia dei protestati, ovvero delle persone insolventi con gli istituti di finanziamento, ovvero i debitori che subiscono pignoramenti mobiliari, dimostrano che in grosse difficoltà economiche non ci sono solo grandi e medie realtà imprenditoriali. Il fatto che i pignoramenti o i protesti siano attivati anche per piccoli importi dimostra infatti che ormai in fase recessiva sono cadute piccolissime realtà individuali come piccoli artigiani o piccoli imprenditori o professionisti o addirittura famiglie. C’è quindi una difficoltà generale a trovare le risorse per arrivare a fine mese ed il Comune è il primo interlocutore a cui queste fasce di cittadini in difficoltà si rivolgono.
«Ai problemi di queste persone, è opportuno dare ascolto, cercare di capire se possibile dare risposte o soluzioni – è stato detto nel corso dei lavori consiliari -; il quadro critico potrebbe essere affrontato attraverso la riduzione della spesa delle famiglie, come quello di ridurre i costi per il consumo di beni di prima necessità».
L’Assise, infatti, ha messo sotto la lente di ingrandimento le bollette dell’energia elettrica, del gas, e dell’acqua potabile sulle quali si applica l’Iva del 10% e viene calcolata non solo sul costo della fornitura ma anche sui costi accessori e delle accise includendo nella base imponibile le addizionali regionali e le accise.
«Tale computo è ingiusto e iniquo e tra l’altro l’illegittimità del medesimo computo è stata pronunciata in una serie di sentenze di merito fondate su un principio alla base del quale si può affermare che un’imposta non costituisce mai base imponibile per un’altra, salvo deroga esplicita, concetto già ribadito dalla Cassazione con l’ordinanza 3671 del 1997 – è stato ribadito durante il Consiglio -; tuttavia, la stessa Enel in una nota scritta dello scorso gennaio aveva giustificato l’inclusione di addizionali e accise, puntualizzando che “la fornitura di gas ed energia elettrica, operata sul territorio nazionale e nell’esercizio dell’attività d’impresa, è soggetta ad Iva da applicarsi all’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti dal cliente al venditore”. Si tratta, pertanto, di una sorta di perversa tassa sulla tassa. Per quanto riguarda invece le forniture di gas o metano, inoltre bisogna osservare che, la normativa in vigore, distingue tra uso per cottura ed uso per riscaldamento ponendo l’Iva agevolata al 10% solo per la quota destinata alla cottura mentre per la quota di consumo destinata al riscaldamento resta all’aliquota del 22%. Visto che la fornitura è unica, ed è complicato scorporare la quota di consumo per la cottura da quella per il riscaldamento, si è deciso che, per il primi 480 metri cubi all’anno, l’aliquota è del 10% mentre per i metri cubi successivi è quella ordinaria. È lapalissiano dunque dedurre che una riduzione notevole sulla spesa annuale delle famiglie verrebbe garantita assoggettando tutte le forniture di acqua, elettricità e gas, per uso domestico, alla aliquota Iva agevolata del 4%. Infatti, a differenza dei soggetti con partita Iva che possono detrarre l’Iva pagata per forniture energetiche dal calcolo della Iva sui loro incassi, le famiglie non possono detrarre tale imposta che resta quindi tutta a loro carico pagandola per intero».
Una riduzione della imposta quindi dal 22% o in alcuni casi dal 10% al 4% porterebbe, certamente, un risparmio di notevolissima entità sul bilancio annuo di una famiglia, come anche un’ulteriore misura che porterebbe risparmio sarebbe la limitazione della applicazione dell’Iva alla sola fornitura del prodotto escludendone le accise, i canoni, gli accessori. Ordini del giorno dello stesso tenore sono stati già approvati da numerosissimi altri Consigli comunali, il cui obiettivo è quello di dare forza ad una richiesta di sensibilizzazione del governo per assumere mezzi, strumenti e provvedimenti destinati a tal fine.

E.C.

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