Fuori il cielo è già chiaro. La notte è stata un’altalena continua, ma dalle tre in poi la tendenza ha cominciato a delinearsi e poi irrobustirsi. Come negli Usa, solo dopo che l’avversario ammette la sconfitta ai microfoni delle televisioni locali parla il vincitore. «Sarò il presidente di tutti», dice commosso.
Donato Toma fa le sue prime dichiarazioni da neo governatore del Molise che fuori è giorno. La regione si sveglia lontana anni luce dalla piazza di Campobasso che tributò un omaggio impressionante a Di Maio e Di Battista venerdì. Il Molise torna all’alternanza di una volta, l’alternanza di sempre: punisce il centrosinistra di governo e premia il centrodestra. La rivoluzione pentastellata, titola Repubblica.it, si ferma a Campobasso e ha immediati e forse casuali risvolti romani con l’incarico a Fico per esplorare la possibilità di un esecutivo 5S-Pd.
A centrodestra sono tornati alcuni dei protagonisti della scorsa legislatura regionale. Ma è innegabile il dato politico della tornata: la coalizione che sostiene Toma il 4 marzo si era fermata 14, 15 punti percentuali più indietro. Oggi, invece, è al 43,46% e lascia dietro il Movimento 5 Stelle, lista-partito monstre che prende più del 30% ma lì si ferma perché non ha alleati (il presidente arriva al 39).
Nove liste, solo due restano fuori dal riparto perché non raggiungono il 3% (Sovranisti e Popolo della Famiglia). Primo partito dello schieramento è Forza Italia (9,38%), tallonato da Orgoglio Molise (8,34), che fa riferimento all’eurodeputato azzurro Patriciello, e Lega di Salvini (8,23). Arrivano al 7,12% i Popolari per l’Italia di Niro. Seguono Udc (5,11), Fratelli d’Italia (4,45) e Iorio per il Molise (3,58%).
Sessantuno anni, presidente dell’Ordine dei commercialisti e docente alle superiori e all’Unimol, Toma è stato assessore esterno al Bilancio al Comune di Campobasso dal 2013 fino al termine del mandato di Di Bartolomeo (centrodestra) e lo era, sempre esterno e sempre al Bilancio, a Bojano (dove l’amministrazione era vicina a Frattura). Per lui, quindi, è il primo impegno politico diretto.
Al Rinascimento, dove ha allestito il centro raccolta dati, tanti amici e familiari. Con lui trepidano fino all’alba. Quando il distacco si fa difficilmente colmabile e allora i sorrisi si distendono. Il brindisi, una festa riservata. Abbracci e lacrime di chi, come Maurizio Tiberio, lo ha sostenuto e il giorno dopo commenta: è la vittoria prima di tutto di un gruppo di amici.

ritai

 

Giunta, dentro gli eletti «E un mandato espansivo»

Lunedì pomeriggio, quasi le cinque. Donato Toma è presidente da neanche dodici ore. E sono state ore al telefono, a parlare e rilasciare interviste. Senza soluzione di continuità. Poi una pausa. Breve, un paio d’ore di sonno per recuperare e tornare al tour de force che tocca ai neo governatori. A lui, eletto nel clou delle consultazioni per la formazione del governo nazionale, tocca un supplemento di visibilità.
Davanti al suo quartier generale, l’hotel Rinascimento, splende il sole d’aprile che oggi scalda come fosse giugno. Toma ha appena finito di parlare con un collaboratore. Prima, un’altra telefonata. Di quelle ‘pesanti’.
Qual è stata la prima telefonata che ha fatto, o che ha ricevuto, da presidente?
«Non ne ho fatte di telefonate. La prima telefonata che ho ricevuto in assoluto è stata quella di Antonio Tajani. Poi quella di Annaelsa Tartaglione, subito dopo. E qualche minuto fa mi ha chiamato Silvio Berlusconi. Ma ho ricevuto centinaia di telefonate, di amici, amministratori, candidati. Ho risposto quasi a tutti fino a quando ce l’ho fatta… Poi non ho risposto più perché non ce la facevo…».
Cosa le ha detto Silvio Berlusconi?
«Mi ha fatto le congratulazioni, mi ha detto che sono stato bravo. Che ho fatto una bella campagna, che è contento del risultato, che la questa settimana sarà in Friuli per la campagna elettorale ma che la prossima sarà qui a festeggiare. E io ho detto a lui: presidente, adesso però questo rapporto privilegiato col Molise deve continuare perché noi abbiamo bisogno dell’attenzione di tutti i leader nazionali, prima di tutto del vostro. Lui mi ha promesso che l’attenzione me l’avrebbe concessa in maniera illimitata».
Quando ha avuto la certezza di aver vinto, quindi da presidente, qual è la cosa che le è sembrata prioritaria? Un’impressione, una buona intenzione.
«La prima cosa è metter pace, cucire i rapporti che si potrebbero essere un po’ strappati per la campagna elettorale. Sa, le posizioni diverse anche fra candidati, fra sostenitori… quindi coesione sociale al massimo. E poi già stiamo pensando alle priorità per lavorare per questa regione».
Coesione e pace a partire dalla sua coalizione, intende?
«Sì, vorrei costruire la squadra. Una squadra che lavori per questa regione, seria e di persone che si sentano stimolate e non trascurate. Cioè: passata l’elezione continua la coalizione».
Di sicuro dovrà e vorrà parlarne con i partiti e le forze che la sostengono. Ha però un’idea di fondo che seguirà per la formazione della sua giunta?
«Un’idea… non ce l’ho ancora. Ho in mente, fissato, questo principio: voglio evitare gli assessorati esterni, quindi voglio attingere dal Consiglio ed eventualmente dalle liste che hanno partecipato alla competizione. Questa è la base di partenza. Perché le liste hanno delle professionalità molto elevate, ci sono giovani preparati, giovani amministratori. Per cui, laddove non dovessi trovare disponibilità in Consiglio, passerò alle liste. Prima di passare agli esterni. E come esterno io intendo chi non ha
partecipato nemmeno alla competizione. Quindi, in prima istanza gli eletti. Poi, chi non è stato eletto però si è candidato e ha le professionalità giuste per essere utilizzato nei ruoli a cui sto pensando e poi, eventualmente in ultima analisi, gli esterni».
Le donne?
«Non mi pongo il problema in termini: quante donne, più donne o più uomini. Potrà essere che l’esecutivo sarà composto per la maggior parte di donne o di uomini. In egual misura non penso perché sono cinque assessorati… però non ho preclusioni. Donne che hanno delle competenze specifiche le utilizzeremo, uomini che hanno competenze specifiche li utilizzeremo. Poi se ci saranno più donne o più uomini non lo so».
Lavoro e sanità le priorità, ma pure il bilancio. Facile prevedere che sarà anche questo un tema di cui lei si occuperà con particolare impegno.
«Esattamente. La prima riunione che farò è con la struttura dell’assessorato al Bilancio».
Immagina un quinquennio – come si dice in economia – espansivo, che punti sugli investimenti?
«Espansivo, sì, è il termine giusto. Non lo immagino, lo voglio un quinquennio espansivo, abbiamo le condizioni generali perché ci sia».
La sua famiglia: l’hanno tutti molto supportata in questa campagna. È un tratto distintivo del presidente Toma?
«Sono tutti contenti, naturalmente. Mi hanno appoggiato e si sono attenuti alle ‘istruzioni’ che io avevo dato: stare attenti a non intervenire sui social perché potevano essere provocati, a non vedere le offese – che purtroppo sono normali in campagna elettorale -, a non offendersi per nulla. Sono stati bravi».
Sei consiglieri M5S e due del Pd. Che rapporto avrà con l’opposizione?
«Quanto ai 5 Stelle, sei persone rappresentano un nugolo di uomini e di donne importante. Il Pd ha anche un’esperienza di amministrazione, laddove condivisibile, da sfruttare. La maggior parte delle cose che il Pd ha fatto non la condivido per niente, però la mia vocazione all’ascolto la esplicherò anche con la minoranza. Io preferisco parlare di minoranza e non di opposizione».

rita iacobucci

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