Attesissimo, l’accordo nazionale di Poste italiane prevede nei prossimi tre anni 6mila posti fra stabilizzazioni e nuove assunzioni. Peccato, però, che in Abruzzo e Molise siano contemplati «zero trasformazioni, zero consolidamenti e zero mobilità».
Dopo la denuncia dei sindacati e dopo lo sciopero che in Molise è stato indetto da Cgil e Uil la vertenza è approdata nelle Aule istituzionali. Venerdì il varo all’unanimità dell’odg a Palazzo D’Aimmo, ieri la presentazione dell’interrogazione a Di Maio da parte della deputata di Liberi e Uguali Giuseppina Occhionero.
Al ministro dello Sviluppo la parlamentare spiega che in Molise Poste Italiane ha perso la metà dei posti di lavoro, che si tratta di un territorio «privato anche di numerosi servizi assegnati ad altre regioni più “fortunate”, il tutto a fronte di un bilancio aziendale florido che vede un’ininterrotta distribuzione di utili agli azionisti». Le zone più penalizzate sono quelle interne e montane, dove gli uffici postali funzionano a giorni alterni e così pure il recapito della corrispondenza. La Spa, inoltre, «continua a progettare la digitalizzazione dei servizi, nonostante l’assenza di rete e di fondi per l’acquisto dei computer». Vittime di «suddette scelte scellerate sono, naturalmente, i soggetti più vulnerabili, come gli anziani da tempo costretti a file interminabili per riscuotere le loro misere pensioni». A Di Maio, quindi, Occhionero chiede «come pensa di affrontare e risolvere la drammatica situazione, determinatasi a seguito delle scelte irresponsabili del management molisano dell’azienda».
Dire ‘le Poste’ in alcune zone del Molise e dell’Abruzzo «da sempre equivale a servizio pubblico, presenza dello Stato. Da tempo, ormai, l’azienda ha avviato in queste due regioni, ma in Molise in particolare, una politica che va nella direzione esattamente contraria: tagli al personale, chiusura di agenzie, nessun investimento», chiosa Occhionero. Che per questo sollecita il vicepremier a intervenire.

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