«Bisogna coltivare questa strategia macroregionale sia porgendo lo sguardo verso un auspicabile riassetto dei livelli istituzionali del nostro Paese di fronte alla sfida europea e globale sia considerando la strategia europea che coinvolge 8 Paesi affacciati sull’Adriatico nella quale sia il Molise sia l’Abruzzo possono e devono svolgere un ruolo da protagonisti». Si esprime così il Commissario per la ricostruzione del Centro Italia Giovanni Legnini, relatore ieri mattina a Termoli, alla Cala Sveva, al convegno “La sfida della Macroregione Adriatica. Il riformismo per vincere l’odio”. Presenti il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, presidente di Autonomie locali italiane (Ali) che ha presentato il suo libro “Vincere l’odio”, e Micaela Fanelli, capogruppo Pd in Consiglio regionale del Molise. Ad aprire l’incontro il presidente di Ali Molise Luigi Valente. Il convegno puntava a sottolineare l’importanza della Macroregione Adriatica come occasione di riforma. Ridisegnare i territori per essere più competitivi, ponendo al centro riequilibrio e coesione. Importante il contributo del professor Giovanni Di Giandomenico. Intervenuto anche Alfredo Marini, segretario gioventù federalista europea Termoli. La Macroregione Adriatica rappresenta una grande occasione di riforma. Ridisegnare i territori per cogliere la sfida di saper essere maggiormente competitivi, ponendo al centro una strategia che parli di riequilibrio e coesione. Insieme ad altre regioni, il Molise può condividere un progetto di sviluppo in un’ottica di equità e crescita comune. Mettendo al bando l’idea che la ventesima regione, in tale disegno, possa rappresentare la periferia. Ma con la consapevolezza, invece, che il Molise può essere protagonista di un territorio che sceglie di ripensarsi. Cuore del dibattito sarà, dunque, un riformismo che rinuncia all’idea stessa di periferia e che promuove lo sviluppo dei territori per i diritti dei cittadini tutti e per la loro uguaglianza sostanziale. Perché solo così potrà essere sconfitto quell’odio di cui Matteo Ricci racconta nel suo volume. Un viaggio nelle riforme necessarie con la voglia di tracciare la strada per abbandonare per sempre un nefasto sentimento sociale. Una battaglia che, oggi, trova nuova forza alla luce di una pandemia che ha fatto riemergere il valore della solidarietà. «Tornare sul tema delle Regioni, come devono essere cambiate». Era questo l’obiettivo voluto dagli organizzatori per l’evento che ha tenuto banco ieri mattina a Termoli. «Il focus è come devono essere cambiate, nascevano vecchie 50 anni fa, oggi compiono 50 anni – ribadisce Micaela Fanelli – il tempo giusto per tornare a ragionare su come riarticolarle e su quali competenze cambiare. In Molise, soprattutto, la Regione esercita le funzioni in materia amministrativa, lo dico da consigliere regionale, entrando in livelli di competenze che non sarebbero i propri, e determinando una sovrapposizione dannosa per tutti. Rilanciamo almeno l’idea di tornare assieme all’Abruzzo, ragioniamo con le Marche, studiamo, non ho una precisa perimetrazione, so che però oggi ha senso ragionare di territori che competono in modo più ampio, rilanciare le riforme per vincere i populismi e l’odio verso il sistema, riaffermare meglio i diritti. Lo facciamo qui alla Cala Sveva, anche per ragioni storiche, Federico II di Svevia aveva tracciato qui la Marca Adriatica. Partiamo dalla proposta operativa del professor Giovanni Di Giandomenico, sulla cooperazione rafforzata. Lavoriamo insieme su temi come infrastrutture, aree interne e sviluppo, su cui le Regioni possono collaborare di più, per tracciare orizzonti più ampi e una visione più lunga.
Il sindaco di Pesaro Alfredo Ricci evidenzia come abbiamo bisogno di un grande cambiamento, innanzitutto sotto il profilo economico e sociale. «L’Italia avrà una grande opportunità dall’Europa coi soldi del Recuvery Fund, 210 miliardi. Abbiniamo le riforme istituzionali. Rafforzare i Comuni, capire che fare con le province e riformare le Regioni, l’Italia non può rimanere com’è oggi. Se le Regioni vogliono essere davvero luogo di pianificazione e luogo di legislazione, abbiamo bisogno di regioni più grandi e più competitive in Europa. Questa è la sfida che avremo dopo le elezioni prossime. Ne discutiamo qui perché proprio le Regioni più piccolo devono diventare protagoniste di una idea di riforma del Paese». Molto pratica l’idea si aggirare un ostacolo impervio, da parte del rettore emerito della UniPegaso, Giovanni Di Giandomenico. «Discutiamo di questa vecchia idea di riunire le 3 regioni dell’Adriatico centrale, che insieme fanno quasi 3 milioni di abitanti, ma deve passare attraverso la cooperazione rafforzata, poiché la Costituzione rende proibitiva la fusione in una macroregione. L’idea è quella di usare l’articolo 117 della Carta costituzionale, dove dice che più Regioni possono cooperare tra loro anche con organi comuni. L’idea è fare una specie di confederazione, restando regione autonoma. Tipo Unione europea, individuando i settori d’interesso e d’intervento comune, creando organismi con persone già elette sui vari settori».

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