Potrebbe riaprirsi ancora una volta la vicenda degli atti sessuali commessi da don Marino Genova ai danni di Giada Vitale. Sono state depositate le motivazioni della sentenza della Suprema corte di Cassazione che ha confermato la condanna per don Marino Genova a 4 anni e 10 mesi, già decretata in corte d’Appello a Campobasso. A illustrarci i tratti salienti è stato l’avvocato Francesco Stefani, del foro di Firenze. Lo scorso 18 settembre era stato questo il dispositivo reso noto dagli ermellini: «La terza sezione della Cassazione penale rigetta il ricorso del Procuratore generale, rigetta il ricorso dell’imputato, che condanna al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa, sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di Appello di Campobasso con separato decreto di pagamento ai sensi degli articoli 82 e 83 del decreto del Presidente della Repubblica 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato». Dispositivo con cui la Suprema corte di Cassazione ha messo la parola fine sul processo a carico di don Marino Genova, confermando la condanna decretata in secondo grado, dalla corte di Appello del capoluogo, a 4 anni e 10 mesi. Per il resto della loro storia il Gup di Larino ritenne il non luogo a procedere. Ma proprio le motivazioni potrebbero provocare delle novità. «La sentenza della Corte di Cassazione ha definitivamente confermato che l’imputato si è reso responsabile di un fatto reato gravissimo per il quale chiederemo in sede civile ogni più ampio risarcimento di tutti i danni nessuno escluso – ha riferito l’avvocato Stefani – il ricorso dell’imputato è stato ritenuto inammissibile sotto ogni profilo ma ciò che è più importante è il fatto che la Corte di Cassazione nell’analizzare i provvedimenti di archiviazione per i fatti addebitati all’imputato successivi al compimento del quattordicesimo anno di età della persona offesa, ha ribadito che per tali fatti non vi è stata alcuna sentenza di assoluzione nel merito ma un provvedimento che non ha alcun valore effettivo tanto che questo difensore provvederà a richiedere la riapertura delle indagini al PM e si attiverà presso la Corte Europea di Strasburgo perché sia tutelata la persona offesa e perché siano date risposte ai tanti interrogativi che è naturale porsi davanti alla volontà di non approfondire in un dibattimento fatti reato molto gravi come quelli denunciati». Nelle motivazioni (a pagina 19) si legge che il «secondo provvedimento abbia fondato l’archiviazione della notizia di reato sull’incertezza probatoria circa la sussistenza di una condizione di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, sul rilievo che non fosse evincibile una univocità delle dichiarazioni circa lo stato di soggezione o inferiorità psichica della vittima rispetto all’imputato, componendo una questione probatoria la cui soluzione poteva rientrare nella competenza del giudice del dibattimento e, comunque, formulando, a tutto concedere e ancora una volta, una prognosi negativa circa la tenuta dibattimentale dell’accusa, ragione per la quale lo stesso pubblico ministero aveva richiesto nuovamente l’archiviazione».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.