«Ha seminato belle notizie», così il vescovo Bregantini, che ha presieduto il rito funebre presso la chiesa di Sant’Antonio da Padova, unitamente ad altri sacerdoti.
«Il mio ex alunno». Mi salutava così quando ci incontravamo. Nulla di più vero. Doretta è stata mia insegnante alla scuola media, io sbarbatello, lei ragazza da sogno, bella, attraente, la donna desiderata da tutti, che ha bruciato le tappe nel mondo della istruzione, che all’epoca accoglieva, in qualità di docenti, oltre ai laureati, anche i diplomati. Giovanissima, infatti, si è cimentata nel mondo della scuola, dietro la cattedra, come d’altronde le due sorelle più piccine, mostrando tutta la sua preparazione e cultura. Ingredienti che ha cercato di trasmettere ai suoi allievi con naturalezza, con il piglio di chi sa pienamente e brillantemente il fatto suo. Non veniva spontaneo chiamarla professoressa, tanto minimo era il divario di età tra lei e i suoi studenti. Ma il rispetto lo ha sempre rivendicato, con energia e vigore, caratteristiche che sono state il suo segno distintivo. La pandemia non ha consentito una partecipazione massiccia all’ultimo saluto, presso la non piccola chiesa di Sant’Antonio da Padova, ma certamente in tempi “normali” il luogo di culto sarebbe scoppiato di allievi che hanno avuto il piacere e la gioia, di averla apprezzata come brillante docente e come donna stupenda.
Comunque, nonostante le restrizioni, sono stati tantissimi coloro che non hanno voluto far venire meno la presenza al rito di passaggio ad altra vita di Etta Coloccia, così come si era registrata sul social Facebook, Dorotea all’anagrafe. La sua esistenza si è fatta sentire eccome, rumorosa al punto giusto, sempre garbata e geniale. A scuola come in televisione, a casa come sulla carta stampata. I suoi due amori, oltre a quelli familiari, sono stati l’insegnamento e il giornalismo. Per entrambi si è spesa moltissimo, lasciando in tutte e due le attività, tracce davvero indelebili.
La passione più avvertita e coltivata, naturalmente, è stata quella per il pianeta della formazione degli studenti, per la quale ha messo in campo tutte le sue innumerevoli risorse umane e didattiche e che ha caratterizzato il suo percorso occupazionale. Sotto il ponte del suo incedere professionale sono passate frotte di alunni e alunne affamati di conoscenza e desiderosi di arricchire il proprio bagaglio scolastico, culturale e di vita.
Di pari passo, però, ha curato con altrettanta enfasi l’hobby dell’informazione, cimentandosi sia in quella televisiva che in quella cartacea, deliziando l’utenza con le sue puntuali trasmissioni e i suoi gradevoli articoli. Mai invadente, sempre umile, elegante, letterata, ha dato fondo a tutte le sue riserve di cognizione per metterle a disposizione del prossimo. Cognizioni profonde, figlie di una preparazione e applicazione, mai superficiali. Doretta era in grado di reggere qualsiasi confronto, di qualsiasi argomento, padrona di se stessa e fiduciosa dei propri enormi mezzi espressivi e di linguaggio.
Insegnante con il pallino del giornalismo, madre di tre figli, ha saputo far combaciare tutte le varie istanze, accusando sofferenze solo nell’ultimo periodo in cui la malattia l’ha aggredita non lasciandole via di uscita.
Toccante il rito funebre officiato dall’arcivescovo Bregantini, coadiuvato da altri sacerdoti e dal parroco di Sant’Antonio, padre Giancarlo Li Quadri Cassini, amico di famiglia, che, ultimamente, quotidianamente, si recava presso la sua abitazione per celebrare la santa messa. Doretta era una donna cattolica, di fede profonda, genuina, quella fede dalla quale ha tratto forze e risorse per superare i momenti più tristi attraversati nell’ultimo scorcio di vita, dove la sofferenza l’ha fatta da padrone fino all’epilogo dell’Hospice di Larino.
Dinanzi ad una variegata assemblea di fedeli, attenta e silenziosa, al marito, ai figli e parenti tutti, il pastore della diocesi del capoluogo regionale ha avuto parole di conforto e sollievo nei confronti degli addolorati familiari e di speranza per la vita eterna della estinta che, ha detto, «ha seminato belle notizie». Ha aggiunto come la liturgia odierna «è intrisa di mestizia e tristezza, ma anche di immensa fiducia nei confronti del Risorto che rapirà Doretta, come ha fatto con Filippo» di cui si è parlato nella prima lettura.
Il vescovo non ha trascurato di far riferimento al terribile momento che si sta attraversando per via della guerra e della pandemia, invitando i presenti ad aggiungere preghiere a quelle che sicuramente si reciteranno per la cara Doretta.
La città di Campobasso perde un ulteriore tassello del proprio mosaico culturale, che di fatto ne indebolisce il forziere. Con Doretta Coloccia si spegne una voce piacevole e di spessore, che ha dato lustro al Molise.
Ciao amata professoressa.
Michele D’Alessandro

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