Conosceva alla perfezione la grammatica del mestiere. Che lo ha fatto apprezzare anche fuori dal Molise.
Se n’è andato, senza il più piccolo preavviso, Marcello Presutti, un campobassano doc che si è distinto, lungo la sua luminosa carriera, per come ha saputo mettere le mani ai ginocchi.
Aveva 72 anni, era sposato con Eliana e padre di due figlie, Paola e Laura. A fargli spegnere l’ultima candela è stato un infarto. Il destino lo ha colto all’improvviso, a Roma, mentre stava parlando al telefono.
Figlio di un odontoiatra, il dottor Giuseppe, con lo studio con affaccio sul Municipio, Marcello scelse la dottrina di Esculapio, e perfezionò gli studi in ortopedia. Seguendo attentamente gli insegnamenti del professor Perugia che lo prese a benvolere, apprezzandone impegno e talento.
Il dottor Domenico Petracca, al Cardarelli, che lo ha avuto al suo fianco, elargendogli consigli professionali e paterni, individuò subito le sue capacità.
In quegli anni, l’ortopedico era chiamato a intervenire a tutto campo. Ma col passare del tempo s’è affermata la specialistica e Marcello si perfezionò nel ginocchio.
Il ginocchio è uno dei punti più delicati degli sportivi, specie dei calciatori. Tant’è che il dottore ha fatto in fretta a conquistarsi la considerazione di società regionali. Per superare a passi da gigante gli steccati molisani. I calciatori, girando di anno in anno di qua e di là hanno speso parole di elogio nei suoi confronti. Facendogli una ricca pubblicità.
Chiusa la parentesi del Cardarelli, Marcello si è trasferito a Villa Esther di Boiano, dove è diventato un punto di forza della struttura privata: non si contano gli interventi chirurgici e le visite specialistiche. Comprese quelle ad atleti di rango, appartenenti anche a club di Serie A. Allo stato dell’arte ancora esercitava nel suo studio di Campobasso.
Giova ricordare che in passato, chi ha avuto problemi al ginocchio è stato costretto a ricorrere a Roma dal professor Perugia o in altri centri specialistici del Nord.
La sua salma è attesa per oggi nella nostra città, per un funerale privato, come impone la legge.

Gennaro Ventresca

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