Un lungo incontro nel carcere di Frosinone, durato più di un’ora e mezzo, la scorsa settimana. Un colloquio per continuare a parlare di quella maledetta notte e forse anche per ipotizzare insieme quello che sarà il percorso giudiziario da affrontare.
La decisione del Tribunale del Riesame di Roma non ha colto di sorpresa l’avvocato Vincenzo Mercolino, che difende Pietro Ialongo accusato dell’omicidio volontario aggravato dalla coabitazione e di stalking. Il legale, ovviamente, non poteva e non voleva lasciare nulla di intentato ma, anche con il suo assistito e con i familiari, aveva paventato quelle che poi sono state le decisioni dei giudici della Libertà.
Pietro Ialongo resta in carcere. Nessuna misura meno afflittiva per il 38enne di Cerro al Volturno reo confesso (davanti ai pm di Latina e Frosinone e alla presenza di avvocato d’ufficio) del brutale assassinio della sua ex fidanzata, Romina De Cesare, consumato nella notte tra il 2 e il 3 maggio scorsi nell’appartamento di via del Plebiscito a Frosinone.
«Il Riesame ha confermato l’ordinanza – spiega l’avvocato Mercolino -, è intervenuto sulle lacune che potevano esserci: sono state ritenute fondate le richieste del pm e le motivazioni addotte dal giudice. Non ritengo ci siano profili per un eventuale giudizio di legittimità».
I magistrati hanno, quindi, ritenuto inidonee le misure meno afflittive chieste dalla difesa: sullo sfondo, ovviamente, le modalità del delitto, dalle quali ricavano la pericolosità di Ialongo.
«Il Tribunale ritiene che ci siano esigenze cautelari che non siano tutelabili con i domiciliari e nemmeno con il braccialetto elettronico, che le misure meno afflittive siano inidonee», rimarca ancora l’avvocato Mercolino.
Le esigenze cautelari che venivano considerate nell’ordinanza di custodia cautelare vengono quindi ribadite: la possibile reiterazione del reato e soprattutto il pericolo di fuga.
L’istanza al Riesame, avanzata dalla difesa per chiedere la scarcerazione o, in subordine, i domiciliari o il ricovero in una residenza sanitaria assistenziale sarebbe stata fondata anche su alcuni elementi emersi nel corso delle indagini: la condotta di Ialongo, quella notte, sarebbe incompatibile con la volontà di fuggire. Scappato dal luogo del delitto in auto, poi abbandonata. Senza soldi, che invece sarebbero stati nelle sue disponibilità, lasciati nell’appartamento. Con sé, Ialongo quella notte aveva solo le fascette con le quali ha tentato il suicidio e i bigliettini con i quali nei fatti annunciava il desiderio di farla finita e confessava l’omicidio. «Non volevo ucciderla, io la amo», aveva scritto in quello che avrebbe dovuto essere il suo testamento. Per i giudici, però, quei tentativi posti in essere con l’obiettivo di togliersi la vita sarebbero catalogabili come atti dimostrativi.
L’avvocato Mercolino si prepara ad avanzare la richiesta di trasferimento nel carcere di Isernia così da consentire rapporti più frequenti con la sua famiglia. E poi, con molta probabilità, un nuovo incidente probatorio in merito al quale starebbe acquisendo la documentazione necessaria, valutando anche di affidarsi ad un consulente.
«Nel corso del colloquio l’ho trovato silenzioso, laconico, provato. E quando stavo per andare via mi ha chiesto di restare ancora un po’, per fargli compagnia» racconta Mercolino. Che è già al lavoro per fare in modo che Ialongo sia almeno più vicino ai suoi familiari.

ls

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