Una vera e propria azienda familiare, con un’attività ben avviata che però non aveva i crismi della legalità, visti i prodotti commercializzati dalla holding: cocaina e hashish prevalentemente.
Ieri il gip del Tribunale di Isernia, all’esito del giudizio abbreviato richiesto dalla difesa, ha condannato padre, madre e due figli di Venafro accusati dalla Procura della Repubblica guidata dal procuratore Carlo Fucci di aver gestito, dal 2019 sino almeno al mese di gennaio 2022, una vera e propria piazza di spaccio domestica.
I quattro – nucleo familiare appartenente al clan Spada e composto da padre, madre e due figli – erano stati già destinatari della misura cautelare della custodia cautelare in carcere nel maggio scorso e, da quella data, sono stati detenuti in carcere.
La decisione del giudice – si legge in una nota a firma del procuratore Fucci – «è risultata conforme alla richiesta avanzata da questo ufficio che aveva richiesto per tutti gli imputati la condanna alla pena di sette anni di reclusione, oltre multa».
E infatti è stata questa la condanna irrogata nei confronti degli imputati, ad eccezione del capo famiglia: scarcerato nel maggio 2021, ha concorso solo a parte dei reati contestati e nei suoi confronti è stata quindi erogata la pena di 6 anni e 10 mesi di reclusione (oltre alla sanzione amministrativa).
Tre degli imputati oggi condannati erano stati già tratti in arresto in esecuzione di una ordinanza cautelare richiesta e ottenuta dall’ufficio del procuratore Fucci nel 2018 per analoghi fatti di reato: i tre, condannati nel 2020 sempre a seguito di giudizio abbreviato, si sono visti ridurre significativamente la pena inflitta dal gip di Isernia da parte del giudice di appello di Campobasso che ritenne le loro condotte sussumibili nella fattispecie di spaccio di lieve entità, determinando il loro ritorno anticipato alla libertà.
Nonostante le condanne già ricevute e le pene scontate gli imputati, all’uscita dal carcere – si legge sempre nella nota della Procura – non hanno esitato a riprende le proprie condotte delittuose, costituenti un vero e proprio business familiare.
«La decisione del giudice di primo grado – rileva il procuratore Fucci – è di particolare interesse pubblico perché, ritenendo fondata l’ipotesi accusatoria della Procura di Isernia, basata su lunghe indagini effettuate dalla Squadra Mobile della Questura del capoluogo pentro e coordinate da questo ufficio, consente di prolungare gli effetti positivi dell’azione dello Stato diretta a contrastare nella provincia lo spaccio di sostanze stupefacenti che vede i giovani tra le “vittime” di un’attività distruttiva del futuro degli stessi giovani».
La condanna sarà verosimilmente sottoposta ancora una volta al vaglio della Corte d’Appello di Campobasso, dinanzi alla quale la difesa potrà far valere le ragioni in favore degli imputati per i quali, seppure ancora detenuti in stato di custodia cautelare, vale la garanzia costituzionale della presunzione di non colpevolezza fino all’eventuale condanna definitiva.

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