Tredici mesi e qualche giorno. Tornare indietro con la memoria, ricordare la sorpresa di una nuova conoscenza, la gioia di trascorrere qualche ora con quella ragazza così mite e gentile inquinata però da quella strana sensazione avvertita fin da subito. Un fastidio che aveva un nome. Pietro Ialongo. L’uomo che non si rassegnava alla fine del rapporto, che tra alti e bassi durava da un decennio, con Romina De Cesare, la ragazza che stava imparando a conoscere. E poi la consapevolezza di avere compreso il pericolo, i tentativi – tanti – di metterla in guardia da quell’uomo che la perseguitava, che la seguiva, che non aveva altro per la testa che lei.
È nitido il quadro dei ricordi di Davide Cittadini, l’uomo che frequentava Romina De Cesare e che ha permesso alle forze dell’ordine di scoprirne il corpo martoriato dalle coltellate nel pomeriggio del 3 maggio del 2022.
Si frequentavano solo da qualche settimana Davide e Romina ma lui, guardia giurata, aveva capito che Pietro Ialongo non era personalità da sottovalutare.
E purtroppo, da tredici mesi e qualche giorno, c’è anche il nome di Romina De Cesare nella lunga scia di sangue lasciata dalle storie di donne uccise dagli ex che non si arrendono, che continuano a pensarle come una proprietà, che non permettono loro di rifarsi una vita. Perché ‘né con me, né senza di me’.
In Corte d’Assise, a Frosinone, si celebra il processo a carico di Pietro Ialongo, accusato di omicidio aggravato dalla coabitazione e stalking. Romina, la sua ex, è morta nella notte tra il 2 e il 3 maggio del 2022, nell’appartamento dove viveva ancora con lui e che probabilmente avrebbe lasciato alla fine del mese. Una convivenza diventata impossibile, come lei stessa aveva confidato alla proprietaria dell’appartamento di via del Plebiscito, contattata proprio qualche giorno prima del delitto per sapere se avesse nelle disponibilità un’altra abitazione dove trasferirsi.
Le quattordici coltellate configurano il reato di omicidio aggravato dalla coabitazione.
Lo stalking, invece, prende forma grazie al racconto dettagliato di Davide Cittadini, il 33enne che lei frequentava da meno di un mese, la guardia giurata conosciuta nel supermercato dove Romina aveva lavorato come cassiera.
Dal suo racconto emerge chiara l’ossessione che Pietro manifestava da tempo. Si fa concreta, prende forma, diventa il terreno dell’orrendo crimine
Davide Cittadini intuisce che qualcosa non va nell’atteggiamento di Pietro, prende l’iniziativa, si offre di aiutarla, proteggerla. Ed è sempre lui che farà scattare l’allarme il 3 maggio del 2022 quando ormai è troppo tardi.
Davide conosce Romina alla fine del 2021 ma solo qualche settimana prima dell’omicidio le chiede di uscire.
«Sapevo che era stata fidanzata con un ragazzo di nome Pietro – spiega agli agenti della Squadra Mobile – e che nonostante la loro storia fosse finita i due continuavano a condividere lo stesso appartamento per evitare ulteriori spese. Siamo usciti insieme nel week end di Pasqua, c’era anche una sua amica. Nel fine settimana successivo solo io e lei ma abbiamo potuto solo cenare insieme perché il suo ex ragazzo ha cominciato a tormentarla a telefono, così l’ho dovuta riaccompagnare a casa».
Inizia così la conoscenza di Romina, vittima dell’ex e della sua ossessione di possesso.
Preoccupato per la eventuale reazione di Pietro, il 30enne quella sera le chiede se non sia il caso di evitare di tornare a casa. «Lei mi ha tranquillizzato, mi ha detto che non era mai stato un tipo violento». Ma il pensiero di Romina stride con il suo comportamento: non rivelerà mai a Davide dove vive, l’indirizzo esatto dell’appartamento.
Lei voleva evitare scenate, possibili litigi fra i due e così, quando Davide la riaccompagnava, si salutavano davanti ad un bar e lei poi raggiungeva casa da sola.
Altre due uscite insieme, nel periodo compreso tra giovedì 28 aprile e il 2 maggio, ultimo giorno di vita di Romina.
«Ha sempre ricevuto da Pietro messaggi pieni d’insulti, che mi faceva leggere – racconta Davide -. “Già ti stai rifacendo una vita”, le scriveva, oppure “mi fai schifo”, e poi tante parolacce. Messaggi intervallati da telefonate che Romina cercava di gestire con tranquillità».
Il 29 aprile, un venerdì, Romina racconta a Davide che Pietro era tornato a casa dai suoi, a Cerro al Volturno.
«La cosa l’aveva resa più rilassata anche se durante la serata, lui insisteva a mandare messaggi e a fare telefonate di disturbo. Il 30 aprile, poi, nella mattinata, a telefono lei mi ha raccontato che la notte precedente, verso le 3.30, Pietro era tornato a casa».
Nel pomeriggio, Davide e Romina escono per una passeggiata e decidono di andare ad Alatri, il comune dove il 33enne vive.
«Mentre eravamo seduti su una panchina, ho notato un ragazzo che ci faceva gesti da lontano, l’ho fatto notare a Romina e lei mi ha confermato che si trattava di Pietro. Abbiamo capito che ci aveva seguito, accompagnato in auto dal padre. Romina li ha raggiunti, sembrava un colloquio tranquillo, dopo qualche minuto li ho raggiunti anche io, ci siamo presentati e abbiamo scambiato qualche parola in maniera civile. Poi Pietro si è allontanato a piedi. Romina mi ha detto che il padre di Pietro sarebbe rimasto a dormire a casa loro e poi i due sarebbero ripartiti per Cerro al Volturno. Ma poi, la mattina del primo maggio, è partito solo il papà, Pietro è voluto rimanere a Frosinone.
Noi abbiamo continuato a vederci nei due giorni successivi, incontrandoci nel pomeriggio, volevamo passare più tempo possibile insieme».
Il 2 maggio, ultimo giorno di vita di Romina. «Ci siamo visti alle 16, siamo andati nuovamente ad Alatri e abbiamo trascorso una giornata tranquilla durante la quale Romina non ha ricevuto né chiamate né messaggi da parte di Pietro. Cosa che ci ha stupito ma ci ha fatto sentire più sereni. Romina mi ha detto che avrebbe voluto tornare a casa del padre per qualche giorno, aveva necessità di prendere alcune cose. Mentre eravamo in macchina, ha avvertito il padre del suo ritorno. Ho chiesto a Romina di poter parlare con lui perché volevo che sapesse delle tensioni con Pietro, cosa di cui era a conoscenza tanto che mi ha tranquillizzato dicendomi che per qualche giorno la figlia sarebbe stata con lui e non dovevo preoccuparmi».
Romina e Davide trascorrono la serata ad Alatri e dopo aver cenato insieme, intorno a mezzanotte e mezzo, la guardia giurata riaccompagna al solito posto la giovane. All’una e mezzo, non appena rientrato a casa, Davide manda un messaggio a Romina, come sempre. La scusa della buonanotte, la voglia di dirle che era stato bene ma soprattutto sapere se fosse tutto ok.
Messaggio mai letto dalla giovane.
«Inizialmente non ho dato peso alla cosa – racconta Davide – ho pensato che Romina volesse evitare discussioni in casa».
È mattina, Davide prova a chiamarla, il telefono squilla vuoto. Immagina che la ragazza fosse in viaggio verso Cerro al Volturno. Alle 11, però, riceve la telefonata preoccupata dell’amica storica di Romina che aveva provato a contattarla in tutti i modi senza ricevere mai risposta.
Il cuore comincia a battere forte. Non c’è tempo da perdere. Davide cerca Mario De Cesare su Facebook, lo contatta e gli chiede se almeno lui abbia notizie della figlia. No, Romina ancora non gli ha fatto sapere neanche a che ora deve andarla a prendere alla stazione. Anche papà Mario ha un brutto presentimento, spiega a Davide dove vive Romina. Mentre l’uomo si dirige in via del Plebiscito, chiama i Carabinieri.
Una volta sul pianerottolo, sono le 17 più o meno, suona con insistenza il campanello. Nessun rumore filtra dalla casa. A quel punto Davide compone il numero di Romina. E sente nitidamente gli squilli provenire dall’interno dell’abitazione. Con il cuore a mille, la testa attraversata da mille pensieri, chiama il numero di emergenza. In via del Plebiscito arrivano la Polizia e i Vigili del fuoco. Aprono la porta sull’orrore. Romina è morta. Qualche giorno dopo, Davide ritrova sul telefonino i messaggi di Romina. Non ci ha fatto caso perché non sono soliti scambiarsi sms. Il due maggio, alle 2 e 30 di notte, l’ultimo. Tutti i dubbi si concretizzano, le sensazioni avvertite in quelle settimane a cavallo tra metà aprile e inizio maggio si ricompongono. Le paure di Davide, confidate a Romina e anche a suo padre. Le stesse che lo avevano spinto a cercare un confronto diretto proprio con Pietro. Lo aveva fatto subito dopo Pasqua quando aveva convinto Romina a dargli il suo numero di telefono. A muso duro aveva detto all’ex troppo ossessionato di smetterla, altrimenti avrebbe chiamato i Carabinieri
La sua risposta, racconta Cittadini agli agenti della Mobile il 10 maggio 2022, una settimana dopo l’omicidio, «con tono arrogante e provocatorio è stata che lui non temeva nessuno, anzi mi diceva di stare attento a Romina che avrebbe usato anche me così come aveva fatto con lui. Dopo questa conversazione, io e Romina abbiamo deciso di non sentirci per qualche giorno, per evitarle problemi perché era evidente la sua gelosia e la sua persecuzione. Romina dormiva sul divano – spiega ancora Davide – ma lui la svegliava nel cuore della notte, con il chiaro intento di renderle la vita sempre più opprimente. Da quello che mi raccontava – aggiunge – il legame tra lei e Pietro era stato interrotto di comune accordo anche se lui ogni tanto tentava di ricucire, le chiedeva di riprovare. Romina era ferma nella sua decisione anche se provava un senso di gratitudine per la vicinanza che Pietro le aveva offerto nel momento della malattia e poi della morte della mamma».
Ma Pietro, nei fatti, non l’aveva affatto accettata quella separazione. Prova ne sono i messaggi continui e infamanti, le discussioni, i pedinamenti, l’ossessione mostrata anche quando Romina lavorava in un piccolo bar del centro storico. Il suo comportamento aveva costretto Romina a licenziarsi.
ls

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