Resta ai domiciliari il direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate Domenico Riccio finito nei guai e sospeso dal servizio dopo l’ordinanza di custodia cautelare di cui è destinatario con l’accusa di tentata concussione. Il tribunale del Riesame ha rigettato l’istanza avanzata dai legali del funzionario, gli avvocati Benedetto Maria Iannitti e Giuseppe Stellato, che però nei prossimi giorni intendono entrare nel merito della vicenda.
Secondo la Procura, che assieme ai Carabinieri e alle Fiamme Gialle ha portato a compimento le indagini, il direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate del capoluogo pentro (come detto sollevato dall’incarico nell’attesa che sia chiarita la posizione giudiziaria, ndr) avrebbe fatto pressioni sul commissario giudiziale della Dr Motor Company – figura questa nominata dal Tribunale – al fine di ottenere una cospicua somma di denaro in cambio di presunte agevolazioni che avrebbe potuto compiere per alleggerire il peso economico della somma che l’azienda automobilistica in concordato avrebbe dovuto versare al fisco.
Il commissario giudiziale ha, ovviamente, segnalato questa richiesta irricevibile alla Procura della Repubblica che ha avviato le conseguenti indagini, affidate ai militari del Comando Compagnia di Isernia e alla Guardia di Finanza del capoluogo di provincia. Indagini che si sono avvalse anche di apparecchiature tecniche specifiche, non meglio specificate dal procuratore Fucci nel corso della conferenza stampa tenutasi a margine dell’arresto avvenuto il 6 aprile scorso. Si potrebbe ipotizzare che siano state usate cimici ambientali che avrebbero registrato le conversazioni tra il direttore e il commissario giudiziale nel corso delle quali il primo avrebbe anche quantificato la somma richiesta: un milione di euro.
Ma sono molti gli interrogativi che i familiari, gli amici, i conoscenti, le persone che hanno avuto a che fare con il direttore Riccio nella sua qualità di direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate si pongono.
Chi lo conosce, personalmente e professionalmente, stenta a credere che le cose siano andate davvero così. E la difesa punterebbe proprio a dimostrare l’equivoco dal quale sarebbe poi nata tutta la vicenda: la richiesta di quella cifra, che secondo gli inquirenti configura il reato di tentata concussione, sarebbe stata avanzata nei confronti della Dr Motor Company in concordato dalla necessità di mettere in ordine i conti dell’azienda nei confronti dell’Erario. Non era una richiesta avanzata, quindi, a titolo personale.

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