Eravamo nella seconda decade del mese di novembre 2019, un 56enne perse la vita dopo un lungo ricovero fuori regione. Cadde da un albero di olivo mentre era intento alla raccolta, battendo la testa. Fu portato alla Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo. I funerali si celebrarono il 19 novembre, a Ripalimosani, suo luogo natale e di residenza, Michele Vitantonio fu la decima vittima sul lavoro dall’inizio di quell’anno in Molise. L’incidente risaliva al 28 ottobre, in basso Molise, nell’agro di Guardialfiera. Il 12 novembre l’uomo spirò, con la salma poi a disposizione della magistratura. Sulla successiva inchiesta giudiziaria, che portò all’indagine sui proprietari terrieri, ora prosciolti per decisione del Gip, interviene l’avvocato Raissa Mancinone.
«L’archiviazione del procedimento da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Larino, in persona della dottoressa Rosaria Vecchi, ha finalmente posto fine ad una vicenda giudiziaria, protrattasi per un anno e mezzo, che i nostri assistiti, indagati in un procedimento penale dai risvolti molto spiacevoli, hanno vissuto con comprensibile angoscia e preoccupazione. Pertanto, esprimiamo piena condivisione e soddisfazione per la decisione del Gip di confermare l’archiviazione del procedimento, cui era già pervenuto, mesi fa, il Pubblico Ministero ma alla quale si erano opposte le parti offese: abbiamo sempre avuto piena fiducia nell’operato dei Magistrati ed eravamo certi, sia noi che i nostri assistiti, che sarebbero arrivati alla conclusione che questi ultimi, sebbene molto dispiaciuti e costernati per l’infausto evento verificatosi, non potevano tuttavia in alcun modo essere ritenuti penalmente responsabili della caduta di Michele Vitantonio, avvenuta il 28 ottobre 2019, da un albero di ulivo sul fondo agricolo di loro proprietà in Guardialfiera, né del suo successivo decesso a causa della gravità delle lesioni riportate»: queste le parole dell’avvocato Raissa Mancinone, difensore di fiducia, unitamente all’avvocato Roberto Cinquina, di D.A., D.A. e D.G., tutti di Guardialfiera, che erano stati indagati dalla Procura della Repubblica di Larino per omicidio colposo a seguito della denuncia sporta nei loro confronti dai fratelli del Vitantonio. I lettori senz’altro ricorderanno la vicenda, della quale anche il nostro giornale si occupò: un uomo di 56 anni, il 28 ottobre del 2019, cadde da un albero di ulivo in agro di Guardialfiera, durante la raccolta delle olive e benché prontamente soccorso e nonostante le cure del caso, a causa delle gravi lesioni riportate dopo alcuni giorni decedeva presso l’ospedale di San Giovanni Rotondo. I suoi fratelli ritennero responsabili di tale tragico evento i proprietari del terreno: ma, in realtà, questi non conoscevano neppure il Vitantonio, né lo avevano mai incaricato di raccogliere le olive sul loro fondo né lo avevano mai autorizzato ad accedervi. In verità, già il Pubblico Ministero del Tribunale di Larino, in persona della dott.ssa Marianna Meo, all’esito della copiosa attività di indagine espletata e della relazione del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro della Asrem di Termoli, aveva chiesto l’archiviazione della posizione degli indagati, sul rilievo che, nel caso di specie, «non sono individuabili soggetti titolari di una posizione di garanzia, quali datori di lavoro di fatto ed autori di condotte colpose generiche e specifiche causative dell’evento», in quanto «l’infortunio è addebitabile unicamente alla condotta imprudente ed imprevedibile del Vitantonio, il quale ha assunto in proprio e da solo l’iniziativa di salire sui rami di un albero avvalendosi di una scala di proprietà e per eseguire una operazione (potatura di un albero) non prevista nelle fasi di raccolta delle olive in atto». Pertanto, era stato il comportamento dell’infortunato a neutralizzare ed a privare «di qualsiasi rilevanza efficiente ogni (pretesa) condotta colposa altrui, con addebito dell’evento infausto in capo al malcapitato stesso sotto il profilo tanto giuridico quanto materiale», essendo la sua «non corretta decisione di appoggiare un piede nella parte più sottile di un ramo biforcuto per procedere alle operazioni di potatura, assunta in modo completamente autonomo, imperito ed incosciente, senza dubbio la causa assorbente che ha determinato l’evento lesivo»; che «qualora (il Vitantonio, n.d.a.) si fosse attenuto alle più elementari regole di prudenza comuni, avrebbe potuto scongiurare il rischio cui si è volontariamente e liberamente esposto, rischio che non può ragionevolmente essere fatto, comunque, rientrare in un ipotetico obbligo di garanzia posto a carico degli indagati, trattandosi, peraltro di una situazione di pericolo che non poteva essere oggetto di previsione». «Ma – continua l’avvocato Mancinone – nonostante le indagini avessero fatto già pienamente luce sui fatti e nonostante risultasse chiara la posizione di mancanza di responsabilità in capo ai nostri assistiti, i fratelli del Vitantonio, seppur in maniera infondata si opponevano alla formulata richiesta di archiviazione, sostenendo che le indagini condotte dai Carabinieri di Guardialfiera fossero state lacunose e che tra i proprietari del terreno ed il Vitantonio vi fosse un rapporto di lavoro subordinato e/o un vincolo di subordinazione tale da rendere gli indagati penalmente responsabili della morte del congiunto e, perciò, tenuti al risarcimento. Ma così non è stato, perché il Giudice delle indagini preliminari, all’esito dell’udienza tenutasi ed in accoglimento delle nostre tesi difensive, ha confermato l’archiviazione del procedimento a carico dei nostri assistiti, riconoscendo la loro totale assenza di responsabilità rispetto a quel tragico evento accaduto sul terreno di loro proprietà».

 

in foto l’avvocato Roberto Cinquina e l’avvocatessa che ha difeso i tre indagati Raissa Mancinone

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