Tre Gigafactory in Europa (tra Francia, Germania e quella di Termoli in Italia), cinque nel mondo, ma Stellantis per molti potrebbe mutare strategia, guardando all’India, se l’Europa fosse inerte nel sostegno alla cosiddetta transizione energetica (ed ecologica). Un paradosso nei termini, visto che proprio in ambito comunitario è stato disposto che dal 2035 non si dovranno produrre più motori alimentati a combustibili fossili. Ma quanto riportato dal quotidiano specializzato Mf-Milano Finanza non è passato inosservato, con l’opzione indiana per portare l’elettrico sul mercato di massa. Il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ha visitato due giorni fa il sub-continente, dove il gruppo nato nel 2021 dalla fusione tra Fiat, Psa e Opel, ha già investito fondi per oltre un miliardo di euro negli ultimi anni. Quanto emerso è l’interesse per un potenziale polo produttivo di auto a basso costo da esportare ovunque. Resterebbe praticabile la produzione di batterie lontana migliaia di chilometri? «Finora, l’Europa non è stata in grado di produrre veicoli elettrici a prezzi accessibili. La grande opportunità per l’India sarebbe quella di vendere auto compatte elettriche a un prezzo accessibile. Questo è ciò a cui stiamo lavorando, ma non è ancora deciso. Questo è ciò che stiamo cercando di fare», ha detto Tavares. Come ha riferito Mf-Milano Finanza: «Nel piano al 2030 Stellantis ha previsto investimenti per 30 miliardi sull’elettrico, ma il costo delle materie prime resta elevato, ed è cresciuto del 74% rispetto al 2020, oltre ad avere un costo quasi il triplo rispetto a una vettura con motore diesel o benzina. In queste condizioni, ha più volte sottolineato Tavares, la classe media non potrà permettersi di comprare auto elettriche e, quindi, le fabbriche europee continueranno a lavorare su volumi ben al di sotto della loro capacità produttiva. Il manager ha perciò chiesto alle autorità europee di sostenere la domanda con incentivi, di garantire stabilità normativa e di proteggere le case di auto domestiche dalla concorrenza sleale dei marchi cinesi, ampiamente sussidiati in patria dal governo di Pechino. Altrimenti, l’Europa rischia la deindustrializzazione a beneficio non solo della Cina e dell’India, ma anche degli Stati Uniti, che di recente hanno approvato un piano di sostegno dell’auto made in Usa».

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