Stavolta la notizia è davvero eclatante, per non dire clamorosa. La vicenda del depuratore malfunzionante, o meglio degli scarichi in mare, riesplosa nel febbraio 2016 e parzialmente risolti sono sette mesi dopo, per tornare in auge nell’autunno in corso, ha prodotto un sequestro delle condotte e una inchiesta che coinvolge ben 7 persone, tra amministratori, funzionari, Crea e Arpam. A seguito di una articolata e complessa attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica e condotta congiuntamente dal personale del Noe dei Carabinieri di Campobasso e della Capitaneria di Porto di Termoli, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Larino Cristina Quaranta, da poco giunta dal palazzo di Giustizia di Campobasso a Larino, ha emesso il decreto di sequestro preventivo, con facoltà d’uso, delle condotte di scarico in mare dell’impianto di depurazione del porto di Termoli. «Il provvedimento cautelare è scaturito a seguito di sversamenti dei reflui, indepurati e maleodoranti, attraverso le condotte di scarico sottomarine, direttamente nel corpo recettore (mare Adriatico), a pochi metri dalla costa. Il provvedimento cautelare si è reso necessario per evitare l’aggravarsi ed il protrarsi degli sversamenti di liquami inquinanti. Le condotte sequestrate, che risultano danneggiate, sono state affidate in custodia al sindaco di Termoli e dovranno essere riparate entro i termini stabiliti nel citato provvedimento del Gip. Le attività di indagine, avviate sin dall’anno 2015 e tutt’ora in corso, hanno determinato l’iscrizione nel registro degli indagati di amministratori e funzionari pubblici, nonché di responsabili della società di gestione dell’impianto, in relazione al mancato adeguamento strutturale e funzionale dell’intero impianto di depurazione», questa la nota firmata dal Procuratore della Repubblica frentana, Antonio La Rana, che è subentrato a Ludovico Vaccaro, che aveva avviato l’inchiesta. La notifica è stata effettuata ieri mattina. La richiesta del Pm frentano è stata del nove novembre scorso. In realtà la prima informativa di reato relativa a questo step è del 16 dicembre 2015, alcuni mesi prima che la vicenda esplodesse anche mediaticamente. Ma nell’inchiesta sono finiti anche coloro che nel 2012 avevano la responsabilità, ossia la vecchia amministrazione Di Brino. Chi sono i 7 indagati? Peraltro a vario titolo a seconda delle competenze. Il sindaco Angelo Sbrocca, l’ex primo cittadino Basso Antonio Di Brino, l’ex dirigente dei Lavori pubblici Silvestro Belpulsi, l’ex dirigente sempre dei Lavori pubblici e attuale componente di staff Matteo Caruso, il responsabile tecnico di Crea gestioni srl Paolo Santini e il legale rappresentante della società che ha in carico la rete idrica integrata Emanuele Maria Blasetti; infine il direttore del dipartimento Arpam Maria Grazia Cerroni. Per loro sette è scattata l’accusa di reato di Getto pericoloso di cose (articolo 674 c.p.) in concorso, poiché hanno omesso di assicurare il corretto funzionamento e la necessaria manutenzione dell’impianto di depurazione; nonché di realizzare i lavori e le opere necessari a consentire il corretto trattamento depurativo di tutti i reflui convogliati prima dello scarico in mare. Non solo, sempre in concorso, sono indagati per inquinamento ambientale del mare. Solo Sbrocca, Di Brino, Belpulsi e Caruso sono indagati per omissione d’atti d’ufficio in concorso, perché non si sono mossi per tempo a trovare una soluzione idonea. Per Caruso le omissioni contestate sono due, una anche per il mancato affidamento dell’appalto per l’impianto di sollevamento di contrada Pantano Basso. Omissioni d’atti d’ufficio contestati anche alla Cerroni, per le modalità con cui vennero realizzati prelievi e controlli.

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