Quando nel 2005 la giunta regionale del Molise decise di imbarcarsi – e imbarcare un gruzzolo cospicuo di soldi pubblici – nella realizzazione del collegamento marittimo con la Croazia individuando come partner la società Larivera, lo fece contro i principi di diritto e senza una logica.
La scelta, affermano i magistrati della Corte dei conti del Molise che hanno condannato i componenti dell’esecutivo al tempo guidato da Iorio e un ex dirigente dell’assessorato ai Trasporti, è «manifestamente priva di ragionevolezza, non solo sul piano amministrativo-gestionale, ma prima ancora sul terreno della logica comune».
Cinque anni dopo un primo verdetto che respinse le richieste della procura erariale perché l’azione fu dichiarata prescritta, i giudici di via Garibaldi (un collegio in diversa composizione rispetto a quello che si era già pronunciato) affermano invece la responsabilità in via principale (per dolo) dell’allora assessore Antonio Chieffo e del responsabile dei Trasporti Domenico Pollice – condannati a restituire all’ente 3.5 milioni in solido fra loro e comunque con una ripartizione interna pari al 60% per il primo e al 40 per il secondo in virtù del ruolo diverso nella vicenda – e in via sussidiaria (per colpa grave) degli altri protagonisti della causa: l’ex presidente Michele Iorio (anche commissario straordinario che dispose di utilizzare per l’operazione Termoli Jet i fondi dell’articolo 15) condannato a risarcire 500mila euro e gli assessori Rosario De Matteis, Filoteo Di Sandro, Michele Picciano e Gianfranco Vitagliano (350mila euro ciascuno). La Regione, solo in caso di mancata realizzazione del credito nei confronti dei due debitori principali potrà rivolgersi a Iorio e agli altri assessori nei limiti delle cifre a cui sono stati condannati.
Finita con un’assoluzione in sede penale dove l’accusa era di truffa – a fine ottobre 2013 e due giorni dalla prescrizione – la faccenda si era chiusa anche sotto il profilo erariale nel 2015.
Ma la procura della Corte dei conti regionale propose appello ed ebbe ragione: il danno per le finanze molisane si è perfezionato solo con la messa in liquidazione della newco Ltm, a cui la Regione aveva dato vita, attraverso la sua finanziaria Finmolise, insieme a Larivera (che conservò la maggioranza al 51%). Così hanno stabilito i magistrati di secondo grado, quindi la causa è ricominciata a inizio 2018.
La delibera di giunta del 2005 consegnata, già predisposta, da Chieffo a Pollice fu al centro di uno stallo amministrativo – così ricostruisce la sentenza depositata in cancelleria lo scorso 12 febbraio – perché un altro dirigente non aveva voluto firmarla ritenendo ci fosse bisogno di una procedura ad evidenza pubblica per individuare il partner privato per la nuova avventura da armatore di Palazzo Vitale. Il responsabile dei Trasporti sbloccò la situazione istruendo il provvedimento. Approvato l’indirizzo in giunta, seguirono le ordinanze del commissario Iorio.
Partì un’operazione da 6.8 milioni, in realtà però mai decollata. Sporadici i viaggi del catamarano, che faceva parte del ramo d’azienda di Larivera, era gravato peraltro da «oneri finanziari ingentissimi» e fu acquistato da Ltm Viaggi fra l’altro valorizzati per ridurre l’ammontare del danno (di circa 200mila euro in questo caso). Fu la giustizia amministrativa, cui si rivolse una grande compagnia di navigazione nazionale, a mettere una pietra sopra la società fra Larivera e la Regione. Il privato non aveva i requisiti secondo Tar e Consiglio di Stato. Nel 2010, il bando per la ricerca di un altro partner andò deserto. Il Termoli Jet, rimasto pressoché ormeggiato a Termoli, fu venduto all’asta per 1.6 milioni a una compagine coreana nel 2017.
Da 6.8 milioni, la Corte riduce il danno a 3.5. Ci arriva sommando alla cifra di un milione e 633mila euro, versata dalla Regione a titolo di partecipazione alla newco, altri 2.5 milioni che risulta dal rapporto fra finanziamento pubblico e privato. E sottraendo invece circa 200mila euro per i pochi viaggi effettuati e altri 500mila in relazione al comportamento di Finmolise che avrebbe potuto sollecitare l’attenzione della giunta sui problemi finanziari e gestionali della scelta effettuata.
Scelta, quasi inutile ricordarlo, al centro di polemiche aspre e durature. Sembrava archiviata tra i simboli dell’epoca in cui il Molise coltivò ‘sogni’ al di sopra delle sue possibilità. E a scapito delle sue finanze. Invece, 15 anni dopo, è al centro di una sentenza che sancisce precise responsabilità. Verdetto non ancora definitivo, ma finora l’unico.
rita iacobucci

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