Nessun golpe cileno. Quanto piuttosto «un eccesso di zelo». Il presidente della Regione Donato Toma respinge al mittente le accuse del Pd. «La norma interpretativa su cui ci siamo confrontati con il governo nazionale fu approvata perché c’erano dei dubbi di prassi, in particolare sul significato della locuzione “il Consiglio dispone” (la revoca della supplenza, ndr). Significava presa d’atto come era stato sempre fatto? O si doveva votare? Volemmo chiarire meglio che indicava la presa d’atto. Il Consiglio dei ministri ci ha detto che è pleonastico perché era già così. Era cioè chiaro il significato».
Un di più. «Lo ha affermato poi anche il Tar che si è pronunciato sul punto dicendo nella sentenza breve (sul ricorso degli ex surrogati Tedeschi e Scarabeo, ndr) che “dispone” va interpretato come “prende atto”. Era cioè talmente chiaro – ancora Toma – che non serviva un’interpretazione autentica, perché le interpretazioni autentiche si fanno quando c’è giurisprudenza contrastante. Quindi, al governo ho detto: non impugnatela, mi impegno io a toglierla».
Un impegno messo poi per iscritto e che riguarda la presentazione di una proposta di legge per l’abrogazione di commi 1 e 2 della legge di stabilità 2020. Finché è rimasto in vigore l’articolo 15 della legge elettorale, quindi, che prevedeva la sostituzione dei consiglieri nominati assessori con i primi dei non eletti, il senso era chiaro e non c’era bisogno di interpretazione autentica.
L’interlocuzione col dipartimento degli Affari regionali (guidato dal ministro dem Francesco Boccia) sulle norme finanziarie approvate a fine aprile è stata lunga, spiega poi Toma, e ha riguardato numerosi aspetti e numerosi articoli e commi. «Ho preso anche altri impegni su altre norme», riferisce. Ma nel comunicato del Cdm è segnalato solo l’impegno a eliminare quei due commi. Ed è, sottolinea, la prima volta che accade per il Molise.
Perché il governo ha voluto segnalare proprio quell’impegno? La cancellazione della surroga, anche per comprensibili motivi di coerenza, al Pd locale che aveva introdotto l’istituto nella sua legge elettorale non è piaciuta molto. E probabilmente nei palazzi romani i dem hanno provato a scardinare l’impianto voluto da Toma con la manovra finanziaria.
Letta dal centrodestra, questa storia quindi è: ci avete provato, non ci siete riusciti e il vostro governo ve lo ha pure fatto sapere pubblicamente.
Dal punto di vista pratico, conclude Toma, se si toglie quella norma non cambia nulla.
Il dibattito per ora si è acceso sugli organi di stampa. Presto il secondo round in Aula, quando il governatore presenterà il ddl per cancellare quei due famigerati commi.
r.i.

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