Un romanzo ingarbugliato dall’inizio poteva mai diventare chiaro sul finale? Naturale che per sapere come andrà a finire, una storia come quella della crisi aperta nella maggioranza dagli eletti che hanno chiesto a Toma deleghe per tutti loro e di estromettere Marone dalla giunta, faccia penare.
La strada che pare il governatore sia intenzionato a imboccare lascia il leghista Marone nell’esecutivo, vi porta Pallante (FdI) e invece retrocede Di Baggio (Fi) a sottosegretario. Il partito, Berlusconi in primis, ha detto no. Chiedendo tuttavia, con la coordinatrice Tartaglione – in caso Toma volesse intraprendere questa strada – che Di Baggio conservi le deleghe che ha come assessore, che se ne aggiunga qualche altra e che a novembre a Forza Italia vada anche una presidenza di commissione. Senza contare che il gruppo ha i numeri per decidere chi sarà il presidente del Consiglio della seconda metà del mandato. Un gioco al rialzo, legittimato dalla rottura dell’accordo che riconosce agli azzurri due posti in giunta, che forse ha portato a un piano B. Si è sparsa ieri pomeriggio la voce che Toma avesse offerto a Marone una via d’uscita onorevole, un incarico di peso per conciliare la sua estromissione dalla giunta. Ma ambienti vicino all’assessore hanno smentito. E la linea dura del Carroccio accredita che se anche è esistita, l’ipotesi è tramontata. A Toma i leader nazionali hanno chiesto di non muovere nulla fino alle regionali di settembre e ridiscutere tutto, a quel punto, a novembre.

r.i.

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