Luigi Mazzuto, già presidente della Provincia di Isernia, è il quinto assessore della giunta Toma. Il governatore eletto dai molisani il 22 aprile scorso lo ha scelto su indicazione del “capitano” del Carroccio Matteo Salvini.
La scelta del “capitano” (quando una squadra funziona non si dovrebbero mettere in discussione le decisioni del leader) è stata criticata dalla Lega. In realtà, più che la Lega, partito votato in Molise alle regionali da 11.956 persone, le critiche le hanno mosse le due consigliere elette, Aida Romagnuolo e Mena Calenda, e il primo dei non eletti, Domenico Ciccarella. Tutto legittimo, per carità.
Piaccia o non piaccia, se oggi Luigi Mazzuto che non si è candidato alle elezioni regionali, quindi, non si è misurato con l’elettorato, è assessore della giunta Toma, è perché così ha deciso Matteo Salvini. E Salvini – piaccia o non piaccia pure questo – secondo il sondaggio realizzato da Antonio Noto appena due giorni fa per la trasmissione #cartabianca è il leader dell’unico partito italiano che rispetto alle politiche di marzo continua a macinare consensi. La Lega ha raggiunto il 25% (+7,6% rispetto al giorno delle elezioni); Forza Italia, nonostante la riabilitazione di Berlusconi, è scesa al 12% (-2% rispetto al giorno delle elezioni); Fratelli d’Italia al 4% (-0.3% rispetto al giorno delle elezioni); il Movimento 5 Stelle ha perso 2,7 punti percentuali (oggi è al 30%); il Pd 2,2; LeU cala al 2,5% (-0,8% rispetto al giorno delle elezioni).
Salvini ha scelto Mazzuto, così come Forza Italia ha scelto Di Baggio anziché D’Egidio, nonostante il 16,5% di voti in più per il sindaco di San Polo Matese rispetto all’assessore di Isernia.
Quando si accetta la candidatura in un partito, soprattutto se il partito è guidato da un leader forte e rappresentativo come Salvini, è chiaro che quanto più conta il “capitano” tanto più gli va riconosciuta e concessa libertà di azione. Se oggi la Lega è l’unico partito in Italia che raccoglie consensi, il merito va attribuito a Salvini o a Romagnuolo, Calenda e Ciccarella?
In Molise i candidati della Lega hanno raccolto poco più di 8mila preferenze. Il partito 3.790. I candidati di Forza Italia 13.173, il partito 454. È superfluo aggiungere che se tra la Lega e Forza Italia c’è una differenza di appena 1,15 punti percentuali (Forza Italia 9,38%, Lega 8,23%), il merito non è dei candidati ma di Salvini, che da solo ha preso la metà dei voti rispetto a quelli totalizzati dai 20 aspiranti consiglieri della sua lista. Non è un giudizio di merito, lo dicono i numeri.
Delle due l’una: se Salvini ha sbagliato a indicare per il Molise un assessore esterno e per le consigliere elette (e il primo dei non eletti) non è un buon capitano, a capo della Lega può tornare anche Umberto Bossi e il partito continuerà a salire nel gradimento. Se il Carroccio cresce perché Salvini è un buon capitano, beh, le scelte del leader si criticano, si analizzano, ma non possono essere messe in discussione dalla sua stessa squadra. Anche perché non c’è un metodo scientifico per stabilirlo, ma partendo dai 3.790 voti di lista ottenuti dalla Lega, è facile intuire che il simbolo del Carroccio abbia influito pure sul successo personale dei singoli candidati. Ovvero, Romagnuolo, Calenda e Ciccarella avrebbero ottenuto le stesse preferenze se fossero scesi in campo con un altro partito? Probabilmente sì, ma anche no.
In passato si sarebbe potuto criticare la scelta di ricorrere a un esterno per ragioni di costi, ma l’aspetto è superato dall’istituto della sospensione degli assessori dalla carica di consiglieri introdotto dalla nuova legge elettorale. Perché un esterno e non un inquilino di Palazzo D’Aimmo? Già, proprio come accadde quando Luigi Mazzuto presidente della Provincia di Isernia nominò Mena Calenda assessora esterna della sua giunta. Corsi e ricorsi storici.
Le consigliere della Lega hanno il sacrosanto diritto di protestare, ma hanno anche il dovere e la responsabilità, assegnati loro dagli elettori, di contribuire alla buona amministrazione della Regione. E dagli scranni di Palazzo D’Aimmo hanno tutti gli strumenti necessari per farlo. Dovere e responsabilità ancora più grandi per Mazzuto. A cui va riconosciuta la lungimiranza di aver visto lontano quando, anni fa, ebbe il coraggio – perché di questo si trattava all’epoca – di schierarsi al fianco di Salvini, che per il Sud, Molise compreso, era il cancro da sconfiggere. A distanza di circa un lustro gli va dato atto della scelta. E se le previsioni sono quelle dei talk show della politica, dove Salvini viene dato a oltre il 30% alle elezioni europee dell’anno prossimo, c’è da scommettere che sono tanti quelli pronti a saltare sul carro. Anche qui in Molise.

ppm

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