Stop al doppio incarico presidente di Regione – commissario della sanità.
Inizialmente prevista all’articolo 45 del Decreto Genova e stralciata dal Quirinale, la norma è reintrodotta con un emendamento al Decreto fiscale su cui ieri si è espressa favorevolmente la Commissione Finanze di Palazzo Madama.
La proposta è del relatore 5s Emiliano Fenu (M5S): dunque del governo Conte. L’emendamento è lo stesso testo stralciato dal dl Genova: saltano i presidenti-commissari in carica De Luca per la Campania e Zingaretti per il Lazio, la misura colpisce il governatore molisano Donato Toma: non è stato nominato al posto di Frattura e il ruolo è tuttora, dopo sette mesi, vacante. L’emendamento elenca anche le caratteristiche che dovranno possedere i futuri commissari: «Qualificate e comprovate professionalità nonché specifica esperienza di gestione sanitaria ovvero aver ricoperto incarichi di amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di particolare complessità, anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione e della tutela della legalità». Ha provato a bloccare l’incompatibilità il Pd con un sub emendamento presentato dal senatore abruzzese D’Alfonso. Ma, come sottolinea il deputato molisano Antonio Federico, «la volontà politica è chiara, lo è sempre stata».
Quando diventerà legge, i presidenti che siano commissari decadranno dalla carica e il governo avrà 90 giorni per sostituirli. In Molise è tutto più semplice e rapido. Anzi, evidenzia Federico, «finalmente si chiude il cerchio dal punto di vista formale riguardo alla volontà politica che è sempre stata la stessa». I nomi di commissario e sub commissario sarebbero stati inviati dalla ministra Grillo al collega dell’Economia Tria, che tuttavia vorrebbe l’operatività della norma sull’incompatibilità prima di incaricare un esterno. «Ora il ministro Tria ha le condizioni per procedere alla norma». Che però non è ancora legge. «Si tratta di un emendamento della maggioranza, del relatore. Difficilmente – risponde Federico – potrebbe cambiare durante il dibattito parlamentare». Per lui, dunque, ora non ci sono più scuse.
Leggermente più cauto il senatore Luigi Di Marzio: «Se dovesse essere confermata dall’Aula (l’incompatibilità, ndr), sarebbe fondamentale per il Molise. In questo modo, infatti, il Mef avrà tutti gli strumenti per firmare le nomine commissariali già indicate nelle scorse settimane dal ministro della Salute, Giulia Grillo, per la regione Molise. È infatti inconcepibile – prosegue – che chi ha causato danni con una gestione sbagliata possa risolvere i problemi. Non solo, si mette anche la parola fine al legame tra politica e sanità, a direttori generali protetti dai politici che, tagliando in modo indiscriminato, mettono gli ospedali, in ginocchio».
Su Facebook l’esultanza della ministra: «Il controllore non può più essere il controllato. Chi ha provocato il dissesto non può risanarlo. Mai più pazienti abbandonati a se stessi, mai più nomine agli amici, mai più corruzione negli appalti. Io e tutto il Movimento 5 Stelle abbiamo sempre sostenuto che le regioni con una sanità disastrata hanno bisogno di un commissario a tempo pieno. Sono molto soddisfatta dell’emendamento sull’incompatibilità approvato ieri in commissione Finanze al Senato! Promessa mantenuta… un’altra». La notizia era stata commentata all’Ansa in mattinata dal senatore 5s Morra, eletto in Calabria e presidente della Commissione Antimafia.
Il governatore Donato Toma, invece, parla di «decisioni inopportune. La materia è sia statale che regionale, il sub commissario assicurava un sostegno tecnico mentre il commissario-presidente rappresentava il collegamento tra esigenze del territorio ed esigenze di bilancio e di rientro. Prevedere l’incompatibilità tra le due figure significa non avere attenzione ai territori ma piuttosto al semplice numero – spiega Toma – al mero ripianamento del disavanzo attraverso tagli alle spese». Nutre dubbi sulla costituzionalità di un percorso che a suo parere «è sbagliato politicamente e giuridicamente». Con gli altri presidenti coinvolti ne ha già ragionato. Molti osservatori danno per certa l’impugnativa della legge alla Consulta. Toma non dimentica i numeri risicati del governo al Senato: «Intanto – conclude – vediamo cosa succede in Aula».

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