La pandemia, oltre a scatenare un’emergenza sanitaria senza precedenti, ha piegato in maniera pesante il tessuto imprenditoriale italiano. In un contesto caratterizzato da precarietà e incertezza sul futuro, quante aziende finiscono nella morsa della criminalità organizzata? La risposta la fornisce il dossier ‘La tempesta perfetta – Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia’, preparato da Libera in collaborazione con Lavialibera sulla base di documenti ufficiali.
In piena emergenza pandemia registra infatti un’impennata del numero di interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni criminali.
Nei primi nove mesi dell’anno si viaggia alla media di sei interdittive al giorno. Il ministero dell’Interno ne registra 1.637 (nello stesso periodo del 2019 erano state 1540) con un incremento del 6,3 per cento. Balza all’occhio il dato del Molise che passa dalle sei interdittive del 2019 alle 28 del 2020 (+366 per cento). Gli aumenti maggiori si registrano poi in Campania che passa dalle 142 interdittive del 2019 alle 268 del 2020 (+229 per cento) segue Emilia Romagna con + 89 per cento (passa dalle 115 del 2019 alle 218 del 2020) Puglia che passa da 101 a 112 (+11 per cento). Da segnalare le new entry della Sardegna che passa da zero interdittive del 2019 alle otto del 2020, le Marche da zero del 2019 alle dieci del 2020, Trentino Alto Adige da zero a due interdittive. Significativo anche il dato della Toscana con 26 interdittive nel 2020 erano dieci nel 2019 (+160 per cento).
I clan che tentano la ‘scalata’ alla nostra regione ormai sono noti: la malavita pugliese e quella campana entrano in ‘sordina’ mettendo le mani prima sull’attività di spaccio per poi infiltrarsi nel tessuto economico. Le operazioni di Polizia e Carabinieri coordinare dalla Dda di Campobasso negli ultimi due anni lo testimoniano.
I pusher locali si riforniscono di droga a San Severo, Foggia, Caserta, Napoli, e dopo qualche mese i clan decidono di impiantare le centrali di spaccio direttamente sul territorio molisano. In alcuni casi – un esempio è la maxi operazione antidroga e antiriciclaggio scattata a Bojano a luglio scorso – le famiglie criminali si trasferiscono sul territorio e allargano il raggio d’azione puntando al controllo di aziende e imprese in difficoltà (nel centro matesino utilizzavano una società specializzata nella vendita del pellet per riciclare il denaro provento dello spaccio).
A fare gola sono soprattutto i settori dell’edilizia, quello dello smaltimento dei rifiuti e l’agroalimentare. Lo stesso procuratore di Campobasso Nicola D’Angelo ha lanciato più volte il campanello d’allarme e si è rivolto agli imprenditori molisani invitando alla denuncia. Anche le associazioni di categoria si sono mosse in tal senso.
Su iniziativa della Confesercenti è stata costituita l’associazione “Sos impresa, rete per la legalità di Campobasso ed Isernia”, con lo scopo di promuovere, organizzare e realizzare iniziative per l’affermazione della legalità e per prevenire e contrastare il racket delle estorsioni, l’usura e la corruzione; prestare assistenza alle vittime di tutti i reati commessi dal crimine, organizzato e non, che comprimano la libertà di iniziativa economica.

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