CAMPOBASSO. Gino Scasserra s’è spento ieri all’ospedale Cardarelli di Campobasso all’età di 71 anni dopo una lunga malattia. Il suo nome è legato indissolubilmente ai colori rossoblù essendo stato interprete assoluto del calcio cittadino prima come giocatore, poi come dirigente. Nato a Campodipietra nel 1941, Gino indossò per la prima volta la maglia del Campobasso nel 1960 totalizzando in quarta serie 19 presenze. Sino al ’68 (anno del passaggio al Latina in C1) cucì sulla pelle la casacca col simbolo del Lupo sino a superare le 200 partite di campionato in maglia rossoblù. Riuscì a conquistarsi un pezzo della storia cittadina iscrivendo il suo nome accanto a quello di altri mostri sacri che lo precedono o lo affiancano in questa speciale classifica: Ruzzi, Bellomo, Scorrano, Maestripieri, Goretti e poi lui, Gino. Il suo amore col Campobasso proseguì anche quando decise di appendere le scarpette al chiodo e nel 1990, dopo i fasti legati a Molinari, ‘‘‘‘costrinse’ il fratello Carlo a prendere il timone della società comprando il titolo della Fiamma in Prima Categoria. Fu un climax ascendente di risultati positivi sino a conquistare la serie D. Con la morte nel cuore cedette nel ’96 le quote societarie a Giovanni Di Stefano, una sorta di messia giunto nel Capoluogo per portare il Campobasso in Champions. E a chi gli rinfacciava la cessione della società all’avvocato italo-serbo, Gino rispondeva, quasi schermendosi: “S’era creato un clima tale che stampa e tifosi mi avrebbero massacrato se non avessimo ceduto il club”. Fu negli anni corrispondente del Corriere dello Sport e di TuttoSport scrivendo, inutile aggiungerlo, delle vicende calcistiche del Campobasso. Ed il Lupo è stato l’unico ad insidiare l’affetto viscerale che Gino nutriva per la consorte e per la figlia. Tanto vero e tanto schietto da essere quasi burbero, Scassera è stato in vita ciò che era da calciatore: un mediano generoso, capace di impostare, attento alla fase realizzativa. Negli ultimi anni è riuscito a ricucire gli strappi che s’erano creati con alcuni detrattori o semplicemente con le persone che lo avversarono (sportivamente parlando) per partito preso. Anche nei momenti più bui della sua vita, quando la malattia ha iniziato a minarne pesantemente il fisico, Gino ha sempre avuto la forza di sospingere le persone che gli erano accanto. A Bisceglie e Latina ha giocato in serie C1. Agli albori della carriera ha indossato la casacca della Juvenes. Sul finire, invece, le maglie di Agnone e Aesernia. Alla fine degli anni ’90 ha ricoperto per la Figc la carica di coordinatore delle rappresentative giovanili. Ma la mente ed il cuore sono sempre rimasti al Romagnoli. I funerali nel pomeriggio; il fato ha voluto che si celebrassero di domenica, alle 15 mentre il suo Campobasso è in campo contro l’Aversa. E per l’ultimo viaggio ha chiesto a Cristiana, la figlia adorata, di essere accompagnato da una maglia rossoblù.

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