L’escalation del conflitto di coppia, poi l’omicidio. Tutto nel giro di sei giorni. L’analisi dei messaggi fra Romina De Cesare e Pietro Ialongo (e non solo) e la ricostruzione della dinamica del fatto di sangue raccontano quanto accaduto nei giorni immediatamente precedenti il femminicidio e descrivono, in una drammatica sequenza, come sia stato compiuto il delitto. Evidenze venute fuori ieri mattina, al Tribunale di Frosinone, nel corso dei due incidenti probatori che si sono svolti alla presenza degli avvocati Danilo Leva (che assiste la famiglia De Cesare, il papà e il fratello della vittima) e Vincenzo Mercolino (che difende Pietro Ialongo, reo confesso). I messaggi fra i due, quelli che Pietro ha inviato ai suoi genitori e anche al papà di Romina. Quelli che la ragazza inviava alle amiche del cuore, raccontando la morbosità dei comportamenti di quell’uomo che aveva amato con tutta sé stessa ma che non era più nel suo cuore. La consapevolezza che si impadronisce di Pietro, la certezza che ormai il rapporto con la sua storica fidanzata non fosse più recuperabile e poi, nella notte tra il 2 e il 3 maggio, le 14 coltellate di cui una mortale, sferrata al cuore, dopo un’aggressione avvenuta nell’ingresso della casa che i due, sebbene ormai non più una coppia, condividevano – ancora per poche ore – a due passi dalla Prefettura di Frosinone. Prove ormai acquisite agli atti, che raccontano la verità – cristallizzata dalle analisi degli esperti – dei giorni che hanno preceduto il delitto della 36enne e dei minuti interminabili del suo omicidio.
► L’ANALISI DEI TELEFONI. Il 26 aprile: sarebbe questa la data che coincide con l’avvio dell’escalation di quella conflittualità che poi ha portato al femminicidio di Romina De Cesare. Sei giorni prima del delitto che ha scosso la comunità di Cerro, il Molise intero. Che ha strappato via quella giovane dagli occhi profondi e a volte tristi dalla vita che aveva davanti.
In quella data, per una serie di messaggi scambiati con la sua ex che sono stati vagliati dal perito Vincenzo Coros, Pietro Ialongo avrebbe definitivamente compreso che il rapporto con Romina era ormai finito, irrecuperabile. La certezza che la sua ex aveva un altro amore, che si trattava di un affetto sincero, corrisposto, non di una infatuazione. La certezza di poterla riconquistare che si infrange con il diniego ad ogni ulteriore tentativo di riprovarci: è quello il giorno in cui Pietro Ialongo comprende di aver perso Romina per sempre. E da lì i messaggi inviati al papà di lei, con la richiesta di avere parte delle spese sostenute per la casa; quelli inviati ai suoi genitori, accusati di parteggiare per la donna che invece lo aveva lasciato. Ed è in questo arco temporale che si colloca anche la decisione di Romina di tornare a casa dal papà, con il quale fa la sua ultima telefonata. Il pomeriggio intorno alle 15, qualche ora prima di essere uccisa. Sarebbe dovuta partire il giorno dopo per tornare a Cerro. Non lo ha potuto fare. Nel telefonino di Ialongo sarebbe stato trovato anche un video, registrato nella notte tra il primo e il 2 maggio, più o meno 24 ore prima dell’assassinio: Romina dorme sul divano, è l’alba e Ialongo la riprende con il cellulare mentre le parla e l’accusa. Lei si sveglia, si alza di scatto, urla. Gli chiede di smetterla, gli dice: domani me ne vado. Non ha potuto farlo, però. Nella notte tra il 2 e il 3 maggio, Ialongo l’ha uccisa.
Nel telefonino di Romina le conversazioni con alcune sue amiche, compresa quella del cuore che vive in Francia. La giovane raccontava di quegli atteggiamenti morbosi che ormai si erano impadroniti di Pietro, l’ex che poi l’ha uccisa.
► LA DINAMICA DELL’OMICIDIO. Affidata al capitano Cesare Rapone dei Ris di Roma, la ricostruzione dell’omicidio smentisce quanto invece avrebbe dichiarato Pietro Ialongo nella sua lunga confessione resa subito dopo l’arresto davanti ai pm di Latina e Frosinone e alla presenza di un legale d’ufficio. Una confessione pubblicata da quotidiani e agenzia di stampa nazionali: ho tentato di strangolarla poi, per paura che mi denunciasse, l’ho accoltellata. Questa la sintesi riportata dai media del racconto fatto agli inquirenti dall’uomo, che era stato fermato sulla spiaggia del litorale laziale. Seminudo, con una busta contenente un foglio scritto a mano, una sorta di confessione che avrebbe dovuto lasciare dopo essersi ucciso: sono stato io, non volevo farlo. Io l’amavo.
Non sarebbe andata così come raccontato ai pm, però. Ed è la perizia dei Ris a fotografare le fasi dell’omicidio.
Romina, quella notte, torna a casa. Apre la porta e si toglie le scarpe. Ialongo l’aggredisce alle spalle, quando lei non se lo aspetta. Con una mano avrebbe cominciato a colpirla con diverse coltellate all’addome. Colpi veloci e ravvicinati, tipici di chi vuole infliggere una punizione. Ferite superficiali, come poi l’autopsia sul corpo della ragazza, certificherà. Secondo la ricostruzione affidata ai Ris, Romina sarebbe riuscita a liberarsi da quella stretta. Questione di attimi: Ialongo l’avrebbe afferrata per un braccio e accoltellata nuovamente, guardandola questa volta in viso, mentre lei era in piedi. Ancora colpi sferrati con violenza. Poi l’avrebbe spinta a terra e colpita con due coltellate al petto. Una mortale, quella inferta al cuore. Romina, come ormai noto, non muore subito: passeranno ancora alcuni, interminabili minuti. Ialongo, negli attimi in cui la sua ex fidanzata spirava, si lava accuratamente le mani e fa lo stesso con il coltello con il quale ha appena ucciso la donna che diceva di amare. Il sangue di Romina è stato trovato nel sifone del lavandino del bagno della casa teatro dell’omicidio.
lucia sammartino

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