La nebbia, sottile e fuori stagione, lascia a malapena intravedere le sagome. Pochi passanti, si tengono a debita distanza. La piccola comunità s’interroga ancora sul delitto della Vigilia di Natale, sulla tragedia che ha travolto una famiglia perbene, una coppia conosciuta ma, forse, solo all’apparenza. Perché quelle serrande oggi chiuse, in via XXV Settembre, fino al 24 dicembre scorso hanno celato agli occhi l’esistenza difficile di Irma Forte, il matrimonio complicato e ostaggio di mostri e fragilità da curare con Carlo Giancola. Non hanno permesso di ascoltare le voci di rabbia e paura che spesso si alzavano da quelle stanze dove il dramma – che giorno dopo giorno e per lunghi 47 anni è stato alimentato inconsciamente da litigi e vessazioni – ha continuato ad essere invisibile agli occhi.
Avvolto da una nebbia sottile e che non si è mai alzata. Fino alla Vigilia di Natale.
Nella stradina stretta arrivano i carabinieri di Macchiagodena, seguiti dal furgone del Reparto investigazioni scientifiche di Roma. Nuovo sopralluogo, ieri mattina, per gli accertamenti irripetibili ordinati dal procuratore Carlo Fucci che, quella nebbia sottile e fuori stagione, è intenzionato a spazzarla via il prima possibile.
I sigilli al portone vengono rimossi, dalle case intorno non arriva nemmeno un respiro, l’atmosfera è rarefatta. E il silenzio è rotto solo dai preparativi dei carabinieri del Ris, che scaricano l’auto dalle pesanti valigie dove le strumentazioni per studiare a fondo la scena del crimine sono riposte. Indossano le tute bianche, i calzari e spariscono. Inghiottiti dalla casa dove Irma Forte, donna minuta e silenziosa, ha ucciso il marito Carlo Giancola, 72 anni.
► LA RICOSTRUZIONE DELL’OMICIDIO
Al vaglio dei carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche l’abitazione dove i coniugi hanno vissuto insieme fino alla mattina del 24 dicembre scorso. Una palazzina a tre piani ma le indagini sembrerebbero concentrarsi soprattutto al primo, lì dove era stata attrezzata una camera da letto per consentire a Carlo Giancola di non dover salire troppe scale viste anche le difficoltà a deambulare che lo affliggevano. L’uomo, 72 anni, era tornato a casa dopo una degenza ospedaliera conseguente ad un incidente stradale. Ricoverato prima al Veneziale, poi trasferito all’Istituto Neuromed, aveva fatto ritorno nella sua abitazione di Santa Maria del Molise da qualche settimana: dopo altri giorni di convalescenza, poco prima di Natale, era stato visto in strada e poi aveva trascorso qualche ora in parrocchia, della quale era il factotum.
Due stanze, la camera da letto e la cucina: quella notte, il fuoco del caminetto avrebbe fatto da sfondo all’ennesimo litigio. L’uomo, seduto di fronte al fuoco, con indosso il pigiama e sulle spalle uno scialle, non avrebbe avuto alcuna intenzione di andare a letto per riposare. La moglie, in camera, che lo avrebbe chiamato più volte. Un tira e molla durato per ore fino a quando lui non avrebbe brandito contro di lei un pesante ciocco di legno.
Cosa sia accaduto, in un lasso di tempo ancora da quantificare, è affidato al racconto che Irma Forte ha fatto al gip Michaela Sapio, la mattina del 27 dicembre, quando ha confessato di aver ucciso il marito, dopo averlo disarmato perché lui, quel pezzo di legno, avrebbe avuto intenzione di usarlo contro di lei.
Ed è lì, nella stanza da letto, che gli investigatori e gli inquirenti hanno trovato Giancola.
Senza vita. Riverso a terra, ai piedi del letto. In pigiama.
► L’IPOTESI: ALTRE PERSONE SULLA SCENA DEL CRIMINE
Scena del crimine oggettivamente alterata, ha fin da subito affermato il procuratore Carlo Fucci: il pavimento era stato ripulito, dell’arma del delitto nemmeno l’ombra. E una spiegazione ci sarebbe: la donna, come riportato da Primo Piano Molise giorni fa, avrebbe fornito la sua lettura di quei momenti. Un gesto inconscio, forse, lavare via 40 anni di paura. Un gesto di cura e di attenzione, forse, pulire il sangue e le tracce dell’omicidio per evitare ai figli – il suo unico, ricorrente e ossessivo pensiero – di trovarsi di fronte all’orrore. Un gesto naturale, forse, per una donna che ha vissuto l’intera esistenza prendendosi cura dei suoi cari e della sua casa. E quel ciocco di legno, poi, gettato nel camino e oggi, presumibilmente, diventato cenere.
La domanda che si pongono gli inquirenti, che avranno risposte all’esito degli accertamenti irripetibili compiuti in questi giorni dal Ris e dalle risultanze dell’autopsia sul corpo di Giancola, sembra essere una sola, soprattutto alla luce della confessione resa dalla donna, accusata di omicidio volontario aggravato e ai domiciliari, in stato di arresto.
Irma Forte ha fatto tutto da sola? Qualcuno l’ha aiutata a ripulire la stanza, a disfarsi dell’arma del delitto prima di comporre il numero di telefono del nipote per chiedere aiuto?
Il Ris, ieri mattina, ha scansionato – letteralmente – gli ambienti dove il delitto si è consumato: in pochissimi minuti, attraverso il laser scanner, i carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche sono in grado di restituire dati accurati di rilievo della scena del crimine che permettono un valido e preciso supporto alle fasi investigative perché congelano la scena del crimine. Gli ambienti sono stati scansionati da varie posizioni e, a partire dalla scena del crimine, si genereranno tavole tridimensionali, piante, sezioni verticali e orizzontali utili a ricostruire il delitto, la posizione di Irma Forte e quella di Carlo Giancola. E saranno utili a ricostruire la ‘traiettoria’ delle tracce ematiche rilevate sul pavimento, sulle pareti, sui mobili, sulla sponda del letto, sugli indumenti indossati dalla donna come su quelle pantofole, sequestrate immediatamente assieme al telefonino. Tracce ematiche anche queste utili a chiarire se sulla scena del crimine, nel momento dell’omicidio, la donna fosse sola così come lei stessa ha confessato. Con il supporto della scienza, le ipotesi investigative conseguenti al racconto che Irma Forte ha fatto al gip, definita dalla Procura una ricostruzione dei fatti non completa, potranno trovare velocemente conferma o smentita in base a complete valutazioni geometriche.
La scienza aiuterà anche a dipanare i dubbi sull’arma del delitto, su quel pesante ciocco di legno che Irma Forte sostiene di aver usato contro il marito prima che lui lo utilizzasse contro di lei. La cenere del camino, ormai fredda e quasi polvere, sequestrata nel corso del primo sopralluogo del Ris, potrebbe restituire tracce concrete di quel racconto.
► L’ESITO DELL’AUTOPSIA
Renderà ancor più chiaro il racconto-confessione l’esito dell’esame autoptico effettuato il 30 dicembre scorso al Veneziale di Isernia: quei colpi inferti con la forza della disperazione – così come la donna ha raccontato – combaciano con l’ipotesi che l’arma del delitto sia quel ciocco di legno che si trovava in cucina accanto al camino? Irma Forte avrebbe agito per difendersi, temendo per la propria incolumità, dopo aver visto il marito brandire quell’arma contro di lei. Lo avrebbe disarmato e colpito più volte alla testa: le fotografie scattate subito dopo il rinvenimento del corpo, che raccontano di un crimine efferato, potrebbero aiutare nella ricostruzione delle fasi dell’omicidio e potrebbero fornire anche un valido supporto al dottor Umberto De Gennaro, il medico legale incaricato dalla Procura che ha eseguito l’esame autoptico sul corpo di Carlo Giancola. La difesa ha nominato in qualità di consulente il dottor Vincenzo Vecchione.
► UNA FAMIGLIA DISTRUTTA MA UNITA
Due figli, ormai orfani di padre e privati anche del supporto della madre, ristretta agli arresti domiciliari con l’accusa di averlo ucciso. Secondo le indiscrezioni, Irma Forte, quella mattina, avrebbe chiamato il nipote, che vive a Santa Maria del Molise. E dalle analisi dei tabulati telefonici queste dichiarazioni troveranno conferme o smentite. I figli sarebbero stati avvisati solo dopo, dallo stesso nipote, sembra che lei abbia detto in sede di interrogatorio piangendo e disperandosi per aver rovinato la loro vita. Due figli che non vivono nello stesso paese e che, almeno fino ad oggi, non si sono costituiti parte civile contro la mamma. E che attraverso i legali della donna, gli avvocati Giuseppe De Rubertis e Demetrio Rivellino (che ieri ha partecipato al sopralluogo del Ris, ndr) le avrebbero fatto sapere di esserle accanto in questo percorso doloroso e lungo. La donna, come conferma l’avvocato Rivellino ai microfoni di Teleregione, è provata e ancora non riesce a ricostruire nel dettaglio tutte le fasi di quella notte che ha cambiato per sempre la sua vita e quella dei suoi figli, il suo primo ed unico pensiero. E anche la loro decisione di non abbandonarla, a suo modo, chiarisce ulteriormente il perimetro di questa vicenda. Segnata da violenze psicologiche e fisiche mai denunciate. Rimaste invisibili, avvolte in quella nebbia, leggera e fuori stagione, che si è alzata la mattina della Vigilia di Natale.
lucia sammartino

 

 

 

 

 

 

 

 

L’avvocato Demetrio Rivellino

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