Mare Adriatico e relative flottiglie divise in due, dall’Abruzzo in giù, compresa la Calabria ionica, non si uscirà in mare per la terza settimana consecutiva, salvo sorprese dell’ultim’ora. Dalle Marche in su marinerie che ricominceranno a pescare, seppur gradatamente, due giorni a settimana (la metà di quanto consentito dalla legge) per le barche più grandi, 12 ore al giorno su 4 giorni per la piccola pesca e le “retine” libere. Il Tirreno andrà in mare, ma poi si dovrà fermare giocoforza per il fermo biologico. Unica enclave dissidente a ieri mattina quella di Mola di Bari. Al mercato ittico di Termoli prima di riunire gli armatori locali nell’arena al piazzale dei pescatori si attendevano proprio le notizie dei colleghi pugliesi e abruzzesi e in verità, avendo auscultato l’umore prima dell’assemblea, l’orientamento era proprio quello di uscire almeno due giorni, ma il clima incandescente, forse alimentato dalle diverse componenti della flottiglia, hanno reso arcigna la discussione, con toni accesissimi, fintanto acerrimi. Ne è nata una discussione a largo raggio, che ha preso sì le mosse dal caro gasolio, la madre di tutti i guai da un anno e mezzo a questa parte, come ha ricordato Paola Marinucci, sottolineato Basso Cannarsa e ribadito da tutti gli altri, ma si è anche entrati nel merito del credito d’imposta, delle possibilità di sbarcare i marinai, di guardare al fermo bellico come extrema ratio e di come non farsi cannibalizzare da altre marinerie che non vanno tanto per il sottile. Come ha ricordato un armatore, la consegna da duri e puri delle tre regioni citate prima vale il 15% del mercato, da qui una protesta che se ristretta sarebbe debole.
La Marinucci ha chiamato barca per barca tutti (presenti e assenti) e al termine della conta lo stop per la terza settimana di fila ha prevalso a larghissima maggioranza. «Chiediamo un incontro con il presidente Toma che ci sta supportando – ha dichiarato Paola Marinucci, presidente dell’Associazione Armatori Pesca del Molise – e un intervento del sottosegretario Battistoni sul caro gasolio. Lo ringraziamo per quello che sta facendo ma, purtroppo, non basta», ha affermato la Marinucci, che ha letto una bozza di lettera per il Governatore, con cui lo si esorta a fare di più e a scrivere direttamente al sottosegretario Battistoni. Il dibattito ha coinvolto anche le scelte di natura economica, per chi guarda alla salvaguardia del bene dei marinai e chi alla sopravvivenza dell’impresa. Ma c’è di più, ossia la correlazione col mercato del pesce locale, quello degli esercenti ittici, che in delegazione ha assistito prima e preso parte poi al confronto, in modo molto animato. Sono due settimane che non vendono nulla, ma sono stretti nella morsa tra grande distribuzione e ristoranti aperti con fornitori esterni e allora è stato chiesto un salvacondotto morale, potersi rifornire altrove e tornare a lavorare. Dagli armatori nulla quaestio, purché non ci si rivolga alle marinerie che interromperanno la protesta, sarebbe lesa maestà. A vuoto una istanza provocatoria, quella di fissare col 35% in rialzo il costo del pesce da dare eventualmente ai commercianti dalla flottiglia termolese, potrebbe essere ricominciata la guerra tra “poveri”.

EB

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