«L’autonomia differenziata rappresenterà un fattore di efficienza e competitività per le regioni più ricche, ma accentuerà il divario con quelle più piccole e già adesso in ritardo di sviluppo». Ne è convinto il presidente di Confindustria Molise Vincenzo Longobardi che quindi rilancia le macroregioni.
Finora, ha segnalato nel dibattito che si è aperto a livello nazionale, il regionalismo ha determinato un incremento eccessivo della spesa pubblica e un accentuato lo squilibrio fra i territori. «Ritengo – prosegue Longobardi – che l’unico modo, oggi, per garantire il principio di solidarietà in favore del Molise e delle altre regioni in ritardo di sviluppo sia quello di ripristinare solo in loro favore una sorta di “intervento straordinario per le aree depresse” Si dovrebbe ritornare, in pratica, ad un modello simile a quello praticato nel secolo scorso per il Mezzogiorno, riconoscendo in favore delle piccole regioni in ritardo una serie di interventi di “deflagrazione impositiva” in grado di drenare con forza e in tempi brevi significativi investimenti ed occupazione: tassazione agevolata sugli investimenti localizzati (300% di detraibilità degli ammortamenti), decontribuzione piena sul lavoro dipendente su base pluriennale, detassazione degli incentivi e degli straordinari, agevolazioni finanziarie per nuovi investimenti con percentuali eccedenti gli aiuti di Stato, un programma infrastrutturale in grado di sopperire in tempi rapidissimi al differenziale con i territori più avanzati dell’Europa, un sistema formativo, anche accademico, in grado di attrarre competenze e professionalità tali da contribuire a far crescere l’efficienza della burocrazia, la cultura d’impresa, la qualità della formazione scolastica e universitaria». Fare in modo, quindi, che il Sud e le zone in ritardo raggiungano quelle più ricche in cinque anni.
Alcune delle sue proposte si scontrano con le norme comunitarie, ne è consapevole, «ma il livello di marginalità raggiunto dal Molise dopo la cessazione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno è sotto gli occhi di tutti. La condizione di degrado è evidente per cui si impongono azioni straordinarie e dirompenti se si vuole evitare l’aggravamento dello squilibrio esistente. L’alternativa a questa che può sembrare una provocazione – prosegue il capo di Confindustria – è data solo dal superamento dell’attuale assetto istituzionale regionale. Va ridisegnato il quadro dei confini territoriali regionali dando vita ad un sistema di macroregioni volto a realizzare contenitori territoriali omogenei tra loro, dal punto di vista dimensionale e demografico».
Dando voce ai numeri, la Lombardia ha una superficie di 23844 chilometri quadrati, oltre 10 milioni di abitanti e un Pil pro capite di oltre 36.000 euro oltre a confinare con le aree più ricche dell’Europa. Il Molise: una superficie di 4461 chilometri quadrati per 300mila abitanti e un Pil pro capite di poco superiore ai 19mila euro, distante dai mercati che contano. «Riconoscere le stesse competenze autonome a due realtà così differenti, opposte, come queste significa solo voler far crescere ancora di più, come è normale, che sia la Lombardia ma a danno dei cittadini e delle imprese del Molise. E questo non solo non è giusto ma è contro gli interessi della nazione stessa!», dice quindi Longobardi.
Prima di riconoscere ulteriore autonomia alle regioni più ricche, sarebbe necessario per Confindustria Molise costituire macroregioni in grado di garantire competitività ed efficienza a cittadini e imprese. «Ignorare oggi un tema del genere o sottovalutarlo come si sta colpevolmente facendo in questi mesi è un gravissimo errore. Che non può essere fatto da parte di nessuno: dal semplice cittadino alla classe politica ai diversi livelli di competenza. Tutti devono fare una riflessione su svantaggi e vantaggi dell’essere Regione autonoma in questa fase storica e delle conseguenze positive o negative che porterà accentuare questa autonomia. Tutti devono finalmente considerare – chiude Longobardi – quanto il modello di regionalismo incide sulla competitività e sui costi dell’intero Paese e sulla possibilità di far crescere i nostri territori. È passato un periodo sufficiente di tempo perché ciascuno possa fare liberamente un bilancio delle conseguenze che il decentramento eccessivo di competenze e funzioni ha determinato sulle condizioni generali del nostro territorio e prevedere quello che potrà succedere se sarà riconosciuta l’autonomia differenziata alle Regioni più ricche del Paese. Auspico che il prossimo autunno ci veda tutti impegnati ad affrontare questo tema che mi sembra essere, davvero, “la madre” di tutte le vertenze, di tutte le criticità, che abbiamo di fronte».

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