Potrebbe essere letta così: visto che nel primo incontro fra i capigruppo di 5 Stelle e Pd non sono emersi «ostacoli insormontabili», il garante del Movimento ha rimesso in campo Giuseppe Conte, andando quindi al cuore del problema. Sul programma i pentastellati e i dem non sono lontanissimi, il tema centrale è chi guiderà l’esecutivo giallorosso che potrebbe nascere di qui a qualche giorno (condizionale più che d’obbligo perché la pur breve storia della maggioranza gialloverde ha abituato l’Italia a sorprese continue).
Conte ha strapazzato Salvini, precipitandolo anche sulla graticola social che gli si è scatenata contro. Lui, non altri dei 5 Stelle, si è assunto l’onere di farla finita con quello che il deputato molisano Federico oggi definisce un pasto che non era certo granché, figurarsi la minestra riscaldata… «Sembra che nessuno voglia perdonare a Conte la sua levatura ed il fatto che ci abbia restituito una parte della dignità persa di fronte al mondo intero. Se dimostreremo la capacità di perdonare le sue virtù sarà un passo in avanti per il Paese, qualsiasi cosa che preveda di scambiare lui, come facesse parte di un mazzo di figurine del circo mediatico-politico, sarebbe una disgrazia. Ora ha pure un valore aggiunto; l’esperienza di avere governato questo strano Paese. Benvenuto tra gli Elevati», così Grillo nel post endorsement.
Molto conta il Pd, o meglio se passerà la linea di Renzi – che al Conte bis ha detto sì da subito – o di Zingaretti e Gentiloni. Per il resto, al termine del primo incontro ieri, le delegazioni giallo-rosse hanno definito positivo il clima. Non ci sono «ostacoli insormontabili», né tavoli aperti con altri partiti – hanno detto i 5s – mentre i democratici hanno annunciato di essere d’accordo con «l’iter veloce del taglio dei parlamentari». Ovvio che la trattativa, però, resti in salita. «Si procede passettino passettino», così dal Nazareno, per una mediazione definita «delicata e complessa».
Al primo confronto, durato meno di due ore, al tavolo erano in otto, quattro per ogni partito. I capigruppo del M5s con i vice, e cioè Francesco D’Uva, Stefano Patuanelli, Francesco Silvestri e Gianluca Perilli. E i capigruppo dem Andrea Marcucci e Graziano Delrio, più i vicesegretari Andrea Orlando e Paola De Micheli.
Due i punti fondamentali. I 5 stelle, ha detto D’Uva, hanno «chiesto garanzie sul taglio dei parlamentari e che sia calendarizzato alla prima data utile». I dem invece, ha specificato Orlando, hanno chiesto «al M5s che questa interlocuzione sia l’unica». A incontro in corso, infatti, un post di Alessandro Di Battista ha riaperto il “forno” della Lega e ricordato ai suoi che si può sempre ritornare al voto: «Ho visto nuove aperture della Lega al Movimento e mi sembra una buona cosa. Soprattutto perché non mi dispiacerebbe un presidente del Consiglio del Movimento 5 stelle. Ho visto inoltre porte spalancate da parte del Pd. Zingaretti fa la parte di chi pone veti e condizioni ma in realtà ha il terrore che Renzi spacchi il Pd», ha scritto su Facebook l’ex deputato. Chiedendo di alzare «enormemente la posta sulle nostre idee e soluzioni per il Paese». In pratica: taglio dei parlamentari e revoca delle concessioni autostradali ai Benetton. E mentre Giorgetti si avvia «fiero» all’opposizione – così il numero due della Lega ieri sera – Salvini invece non si arrende: «Le porte e le vie della Lega sono infinite pur di non rivedere Renzi e Boschi al governo».
A metà strada la posizione di Di Maio, indicato da Salvini come premier di un gialloverde bis. Tattica o davvero si può tornare indietro? «Ho letto che qualcuno del Pd sta ponendo condizioni sul taglio dei parlamentari. Leggo di forni, pizzerie e ristoranti. Non sono nella posizione di chiedere condizioni – racconta chi ha parlato col capo politico in queste ore – Il taglio va fatto senza contro-condizioni. Deve entrare nel calendario di settembre. Ed è solo il primo dei punti che si dovranno discutere. Siamo la forza politica di maggioranza relativa. Zingaretti mi dovrà dare garanzie su questo, garanzie che ancora non ha dato, altrimenti non si va avanti».
Probabilmente anche per questo, il garante è tornato a farsi sentire. Rimettendo Conte in pista, che vuol dire anche non farsi condizionare da avanzamenti di carriera personale.

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