Nel 2018 la Regione Molise ha chiuso il bilancio con un disavanzo di 488 milioni di euro (e un livello di indebitamento pari a 547 milioni). Un deficit pesante pure se in calo rispetto ai 512 milioni del 2017.
Non è l’unico dato segnato in rosso dalla Corte dei Conti nel giudizio di parifica. Spiccano, anzi, quei 15 milioni di debiti fuori bilancio: pagamenti effettuati nel 2018 ma relativi a obbligazioni maturate, nei confronti della Regione, negli anni precedenti. Tra questi, quasi dieci milioni riguardano le prestazioni di Trenitalia. Nel controllo a campione su 30 mandati, solo due sono risultati regolari. L’ente ha utilizzato l’iter ordinario di spesa, usando cioè gli stanziamenti del bilancio di previsione 2018. E non, come avrebbe dovuto, quello per i debiti fuori bilancio. Un punto critico, da correggere – dice la magistratura di via Garibaldi – da correggere con legge.
Sanità e partecipate restano i punti deboli, nel primo caso punto ‘debolissimo’ della gestione dei conti regionali. Fra le altre cose, la sezione di controllo presieduta da Mario Nispi Landi (magistrato destinato alla giurisdizionale d’Abruzzo e quindi destinato a essere sostituito qui in Molise) ha contestato le assunzioni effettuate dalla Regione nel corso del 2018 (due dirigenti, una unità a tempo indeterminato e i 38 dei centri per l’impiego delle due Province) perché era vigente il divieto per il ritardo nell’approvazione del bilancio consolidato.
Capitolo partecipate: 26 società di cui tre in house e 15 interessate da procedure di liquidazione, una partecipazione pubblica pari a 40.8 milioni (400mila euro in più rispetto all’anno precedente). Uno stato complessivo di «grave sofferenza», ha sintetizzato Nispi Landi e argomentato nella sua requisitoria il procuratore regionale Stefano Grossi, in cui le partecipate non sono «collocate nell’ambito di un disegno strategico organico» e in cui si rischia di mantenere in vita realtà prive di reale utilità e di generare diseconomie. Unica novità, la fusione per incorporazione fra Funivie, Campitello Matese e Korai che si concretizzerà – ha chiarito nella sua breve replica il governatore Donato Toma prima del verdetto sulla parifica dei conti – a gennaio.
Infine, la sanità. Solo croce, e non più neanche minimamente delizia, del Molise. Dopo 12 anni di commissariamento e una vacatio di otto mesi nel 2018 (i commissari sono stati nominati a dicembre, l’ex presidente Frattura era cessato dall’incarico a maggio). Nonostante questo, quell’anno si è chiuso con un deficit di 15.6 milioni interamente coperto con la manovra correttiva approvata dalla giunta a luglio scorso e poi dal Consiglio circa un mese fa. Il risultato di gestione, ha rilevato la Corte, ha beneficiato della chiusura del bilancio Asrem in pareggio. La struttura commissariale, si legge nella relazione di Nispi Landi, pensa che potrebbe essere il primo e l’ultimo visto che sottolinea come l’equilibrio dei conti dell’azienda nel 2018 sia stato conseguito «per effetto, soprattutto, di operazioni di pulizia di partite debitorie in realtà insussistenti, che hanno generato ingenti poste straordinarie e non ripetibili negli esercizi successivi».
All’Asrem la Corte contesta comunque il ritardo nel pagamento delle fatture dei fornitori, ma evidenzia pure che nel 2018 il saldo avveniva a 185 giorni a fronte dei 461 del 2017. La Gsa (gestione sanitaria accentrata, in pratica la sanità gestita direttamente dalla Regione che si aggira sui 100 milioni annui) invece peggiora il suo indicatore: 85 giorni, ma rispetto ai soli 13 del 2017.
I numeri del 2019 sono invece allarmanti e il commissario non ha ancora approvato il bilancio consolidato né ancora è stato varato il piano operativo, con cui – ha rimarcato il presidente della Sezione di controllo della Corte – sono demandati i compiti di ridurre la mobilità passiva chiarendo «il peso da attribuire al miglioramento della performance delle strutture pubbliche e al ruolo dei due grandi privati Gemelli Spa e Neuromed». Non è un problema insormontabile, ha aggiunto. E in relazione alla mobilità attiva prodotta principalmente dai due centri, «occorre definire se e in che modo, e in vista di quali finalità, intervenire sulle prestazioni extrabudget da parte dei soggetti privati».
Dal mancato disimpegno dei fondi Por alla messa in riscossione dei bolli per evitare la prescrizione: il governatore Toma ha riassunto un anno e mezzo di misure messe in campo pur non negando un «quadro complesso per le spese finanziate con risorse proprie». Sulla sanità ha confermato la sua posizione: con l’arrivo di commissari esterni e con la scelta legislativa dell’incompatibilità fra i ruoli di presidente e commissario, la Regione «si limita a trasferire le risorse alla gestione commissariale». Ha rivendicato che, pur nei mesi di vacatio, i Lea siano cresciuti da 167 a 180. Ma la politica sanitaria «è in mano ai commissari». E i Ministeri ancora non approvano il nuovo piano operativo, «segno di poca attenzione del governo nazionale», redatto peraltro «senza alcun confronto con le istituzioni locali». Una procedura, quella del commissariamento, «obsoleta e inefficace» che quindi Toma si augura sia riformata col nuovo Patto per la Salute.
Dopo la camera di consiglio, la Corte ha parificato il rendiconto 2018 della Regione, ad eccezione dei capitoli in cui gli importi sono imputati senza il riconoscimento del debito fuori bilancio.

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