La procura di Palermo ha notificato alla deputata di Italia Viva Giuseppina Occhionero l’avviso di conclusione indagini per l’accusa di falso.
La parlamentare avrebbe fatto passare il Radicale Antonello Nicosia, poi arrestato per mafia, e allora conosciuto solo telefonicamente, per suo assistente, consentendogli di entrare con lei nelle carceri senza autorizzazione e di avere incontri con i boss. Solo in un secondo momento, dopo tre ispezioni in istituti di pena siciliani, il rapporto di collaborazione fu formalizzato.
Di falso, ma aggravato dal favoreggiamento mafioso, è accusato l’esponente dei Radicali italiani che risponde anche di associazione mafiosa. L’indagine, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì e Gery Ferrara, a novembre scorso ha portato all’arresto, oltre che di Nicosia, del boss di Sciacca Accursio Dimino e di tre presunti favoreggiatori Paolo e Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia. Anche a loro è stato notificato l’avviso di chiusura dell’indagine, atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio.
Dall’inchiesta è emerso che, oltre a progettare estorsioni e omicidi, Nicosia – attivista Radicale, sedicente docente universitario, da anni impegnato in battaglie a difesa dei detenuti – entrava e usciva dalle carceri, incontrando anche capimafia al 41 bis, proprio grazie alla collaborazione con la parlamentare molisana Occhionero (allora di Leu). I due si erano conosciuti tramite i Radicali Italiani. Il 21 dicembre, dopo aver avuto con Nicosia solo contatti telefonici, la parlamentare incontrò Nicosia a Palermo, insieme fecero subito un’ispezione al carcere Pagliarelli. All’ingresso dichiarò che era un suo collaboratore: circostanza, hanno accertato i pm anche attraverso indagini alla Camera, falsa. All’epoca, infatti nessun rapporto di lavoro era stato formalizzato. Il giorno successivo i due fecero, con le stesse modalità, visite nelle carceri di Agrigento e Sciacca.
Il regolamento penitenziario, ha spiegato lunedì sera a Fuoco incrociato su Teleregione, non pretende un contratto formale con un deputato per poter entrare in carcere al suo seguito. Sarà probabilmente la linea che il suo difensore porterà avanti nella memoria che depositerà prima delle richieste dei pm al gip.
Sulla vicenda complessiva, ben più grave, Occhionero è stata sentita come persona informata sui fatti e davanti ai magistrati ha ammesso di essere caduta nell’inganno di Nicosia.
Era lui «a scegliere gli istituti penitenziari presso i quali effettuare le visite ispettive. Nel corso delle visite, mentre io ero impegnata nelle visite alle sezioni e alle celle, ad acquisire informazioni dal personale della polizia penitenziaria, capitava che Nicosia si allontanasse e avesse così occasione di dialogare con i detenuti presenti», avrebbe riferito secondo quanto riporta Repubblica.
Nel carcere di Trapani, Nicosia parlò con uno dei postini di Messina Denaro, l’ex sindacalista Santo Sacco. «Ho visto i due incontrarsi in carcere – ha messo a verbale l’onorevole Occhionero sempre secondo Repubblica – li ho visti salutarsi come due vecchi conoscenti e scambiare qualche parola».
Formalmente paladino dei diritti dei carcerati, di fatto uomo d’onore che portava all’esterno i messaggi dei boss e che chiamava Messina Denaro il primo ministro. Lunedì sera a Teleregione, pur schermandosi dietro il riserbo dovuto a indagini che lei ha riferito essere ancora in corso (la cui conclusione però è stata poi formalizzata due giorni dopo la trasmissione), Occhionero ha ammesso di essere stata ingannata. «Ma Nicosia prima di me aveva ingannato molti altri», si era difesa.
La procura di Palermo ha sempre escluso un suo coinvolgimento nell’inchiesta per mafia. Per il falso, però, dovrà convincere i pm. Che hanno anche accertato, scrive l’Ansa, che tra la Occhionero e Nicosia c’era anche una relazione sentimentale.
red.pol.

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