Cosa accade ai soldi versati, se chi ha contratto la polizza muore indicando un beneficiario ignaro di questa sua designazione? Un tema di stretta attualità, quello delle polizze e dei conti correnti dormienti, su cui nei giorni scorsi si è pronunciato anche il tribunale di Isernia.
Poste Vita, ramo assicurativo di Poste Italiane, è stata condannata a restituire tutti i soldi, con interessi e rivalutazione ed inoltre condannata anche alla lite temeraria. Una sentenza destinata dunque a fare scuola quella emessa dal giudice Filippo Masotta.
La vittima, difesa dagli avvocati Fabrizio Cimini e Chiara Costagliola di Isernia, si è vista riconoscere il diritto al pagamento del capitale della polizza vita stipulata dal nonno che l’aveva indicata come unica beneficiaria. Purtroppo il nonno morì nel 2008 senza dirle della designazione. Lei lo ha scoperto soltanto nel 2011 e, quando ha chiesto il pagamento di quanto dovuto, Poste Vita ha opposto la prescrizione, cioè a dire che la richiesta era arrivata troppo tardi, oltre due anni dal decesso del contraente, incamerando, così, ingiustamente, le somme versate dal nonno.
«Giustizia – spiegano hanno affermato i legali – è stata fatta per la cittadina isernina, e per tutti i consumatori che si vedono negare da Poste Vita il diritto al rimborso delle somme versate dal proprio congiunto defunto».
Come è noto, quando si sottoscrive un’assicurazione sulla vita, di norma lo si fa per tutelare il futuro dei propri familiari. Una quota annua del proprio patrimonio, quindi, viene versata regolarmente al fine di creare un beneficio economico ai propri eredi designati. Ebbene, cosa accade al denaro che è stato versato in tutti gli anni precedenti dall’assicurato, se nessuno si preoccupa di riscuoterlo?
Esso va semplicemente in ‘letargo’, formando le cosiddette polizze dormienti, assicurazioni vita scadute, cioè mai riscattate, che nessuno dei parenti e dei beneficiari ha riscosso e che finiscono nel Fondo Dormienti, senza la possibilità di essere più ‘risvegliate’. Ebbene per riscuotere un’assicurazione vita scaduta vi erano due anni di tempo a disposizione, entro i quali era possibile riscuotere il premio accumulato dalla persona defunta. La sentenza del Tribunale di Isernia, accogliendo in pieno la difesa degli avvocati Cimini e Costagliola, ha restituito la legittima interpretazione della legge, stabilendo che il tempo a disposizione è di dieci anni e sancendo, quindi, il diritto della consumatrice a vedersi finalmente pagare ciò che il nonno aveva previsto per lei. Durante il giudizio Poste Vita ha rimborsato alla donna il 70% di quanto spettante, ma la signora non ha desistito ed ha preteso l’intera somma che il Tribunale le ha poi riconosciuto.
«Sicuramente – concludono i legali – questo non è un caso unico, poiché sono tantissimi i casi di polizze dormienti che i beneficiari rinunciano a “risvegliare”. Non a caso ne parlano in tutte le trasmissioni a livello nazionale. Con la diffusione di questa notizia, si vuol invitare chi si sia visto opporre un ingiusto diniego a non rinunciare mai a far valere il proprio sacrosanto diritto».

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