Una testimonianza che più di altre, forse, restituisce una immagine plastica di quello che è diventato ormai l’ospedale Cardarelli in questa seconda ondata di coronavirus. Il racconto che fa Alberto Tramontano è prima di tutto lo sfogo di un figlio preoccupato per la salute del padre ma anche il grido di allarme di un amministratore della città (consigliere comunale di Campobasso della Lega, stesso schieramento del governatore Toma), che guarda il problema anche sotto l’aspetto politico e denuncia un sistema sanitario non in grado di far fronte all’emergenza.
«Sono una persona riservata e non abituata a mettere in piazza le proprie situazioni personali, ma in questo tempo è necessario per tentare di svegliare le coscienze obnubilate si chi sta governando le dinamiche sanitarie del nostro Molise. Sabato 28 novembre alle 16.30 circa, mio padre ha avuto un arresto cardiaco, conseguente ad una crisi ipoglicemica. È stato soccorso presso la sua abitazione dai medici del 118. Dopo un’ora circa l’ambulanza trasporta mio padre, in coma, al pronto soccorso del Cardarelli. Riceve prontamente assistenza dai medici e dagli infermieri del Pronto soccorso, che ringrazio per la professionalità e l’umanità, viene poi assistito dal personale del reparto di rianimazione e ci comunicano, verso le 21, che mio padre dovrà essere trasferito ad Isernia. A perché la terapia intensiva del Cardarelli è interamente dedicata ai pazienti affetti da Covid-19 e può accogliere solo pazienti affetti da Covid-19!
Chiedono di formalizzare il nostro consenso al trasferimento, come se avessimo avuto delle alternative!
Immaginate la sorpresa e la rabbia: mio padre non può essere ricoverato al Cardarelli perché tutti i posti in terapia intensiva sono dedicati ai pazienti Covid, allora immaginiamo che sarà trasferito all’ex Cattolica/Gemelli Molise dove peraltro mio padre è stato in cura e che dista 200 metri dal Cardarelli!
Invece no, il protocollo prevede che i malati gravi No- Covid siano trasferiti ad Isernia.
Io cittadino ed amministratore della città di Campobasso ho vissuto un senso di frustrazione, di rabbia e incredulità. Ho dovuto seguire, con i miei familiari, l’ambulanza che trasportava mio padre fino ad Isernia.
Lì c’è stato comunicato che il giorno dopo, dalle 13 alle 14, avremmo potuto telefonare per avere notizie. Immaginate lo stato d’animo mio e dei miei familiari.
Sulla base di questa drammatica esperienza personale si possono trarre alcune considerazioni:
– il Cardarelli di Campobasso ormai è un centro Covid, tutto il resto è residuale.
– il Pronto soccorso del Cardarelli è un luogo di smistamento, chi non è affetto da Covid viene trasferito in altri ospedali in regione o fuori regione.
– chi non ha o semplicemente non cerca Santi in Paradiso, resta nell’incertezza, non sa cosa fare, non sa con chi parlare e si affida al buon Dio.
– il dibattito, spesso strumentale e surreale sull’individuazione di un centro Covid, che non fosse il Cardarelli di Campobasso, ha fatto rilevare l’inadeguatezza dei decisori politici e tecnici, che hanno perso mesi preziosi per fare nulla.
Il risultato è che già prima del Covid-19 era difficile curarsi in Molise, ora è diventato quasi impossibile (se non si vuole o non si può accedere ai servizi sanitari a pagamento o non si vogliono chiedere raccomandazioni per ricevere cure mediche).
– il Covid è una tragedia e come tale va affrontata, ma non a discapito di tutto e tutti: malattie croniche, acute, cardiovascolari, oncologiche, metaboliche, pediatriche, etc… richiedono interventi tempestivi e di qualità e invece tanti nostri concittadini non stanno ricevendo cure appropriate o stanno addirittura rinunciando a curarsi.
Questa storia, il cui epilogo è ancora incerto, rappresenti un monito e un appello: curarsi è un diritto dei cittadini, “curare” è un dovere non solo dei medici, ma anche di chi governa e decide, se ne è capace».

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